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Varis Rossi: l'acqua pubblica modello dominante in Europa

01-12-2023 11:21 - Opinioni
di Varis Rossi

Ancora intorno alla multiutility ed alla quotazione dell’acqua in borsa, come direbbe Vannino Chiti. Queste considerazioni propositive le invio alle cittadine ed ai cittadini che, a mesi, saranno cercati, come non mai, dai competitori della prossima campagna elettorale europea e, soprattutto, in quella per il rinnovo dei consigli comunali e dei loro organi di governo. Spedirò anche agli attuali sindaci, fermi costruttori di soluzioni per i servizi pubblici locali che incautamente hanno accettato e che non saranno più nella potestà dei loro successori, ma di amministratori delegati o simili, lontani quanto lo sono le regole delle quotazioni in borsa rispetto al fare istituzionale ed in primis dal governo dell’acqua prima e dopo il contatore! Non ricorderò le motivazioni cantate durante la raccolta delle firme per il referendum. Cercherò di rappresentare un pensiero, maturato insieme a donne e uomini che possiedono una conoscenza consolidata in queste materie, una proposta che avrei gradito rappresentare in un confronto anche televisivo, a vantaggio dell’informazione, con qualsiasi sindaco che avesse voluto accettare.

L’organizzazione di questi servizi ha una storia che possiamo far risalire verso la fine del 1800, quando i comuni decisero di intervenire direttamente per assicurare alla crescente popolazione che si veniva concentrando nelle città servizi come acqua, fognature, ritiro dei rifiuti urbani con gestioni pubbliche in modo da evitare che gestioni private in monopolio potessero approfittare delle loro condizioni per vessare con tariffe esose la popolazione. Alcuni hanno visto in questa una delle prime forme di intervento sociale dello stato a favore delle popolazioni. Nel 900 prese la forma non solo della gestione diretta da parte dei comuni ma anche di imprese pubbliche vere e proprie (municipalizzate). Si trattava di soluzioni che utilizzavano gli stessi strumenti di gestione proprie dell’impresa privata senza tuttavia perseguire come obiettivo fondamentale l’utile. Gli anni ‘80 e ’90 del secolo scorso videro lo svilupparsi delle politiche neo liberiste soprattutto negli USA da parte del Presidente Reagan e in Gran Bretagna da parte dell’allora capo del governo conservatore Margaret Thatcher. Queste politiche ebbero una forte influenza anche in Italia portando alla privatizzazione di gran parte del patrimonio dell’industria pubblica nazionale. In questo contesto, in particolare negli anni ’90, si trasformarono tutte le municipalizzate in società per azioni e parte di esse iniziarono il loro percorso verso la crescita e la quotazione in borsa.

In questo quadro di privatizzazioni e quotazioni in borsa ha ancora senso porsi l’interrogativo se abbia ancora un valore positivo, soprattutto per chi usufruisce di questi servizi, una gestione pubblica, ovvero una gestione assicurata da una società interamente pubblica di proprietà dei comuni. Intanto una prima cosa utile è guardare a cosa accade oggi in Italia e in altri paesi dell’Europa e del mondo. Il quadro che si presenta non è così coerente con la dottrina della privatizzazione. In Italia almeno per la gestione dei servizi idrici, più del 60 % è assicurato da imprese pubbliche locali. Discorso analogo per quanto riguarda i paesi dell’Unione Europea dove la gestione assicurata da imprese pubbliche locali rappresenta più del 60% della popolazione. Anche negli USA, la gestione prevalente per questi servizi è quella pubblica locale. L’Inghilterra costituisce un’eccezione. Fin dal 1989 con il governo Thatcher i servizi idrici sono stati privatizzati e affidati a società private quotate in borsa. Fanno eccezione la Scozia e l’Irlanda del Nord dove i gestori sono pubblici e il Galles dove la gestione è assicurata da una società privata ma senza scopo di lucro.

Per quanto riguarda l’Inghilterra, proprio in questi ultimi mesi è di nuovo al centro dell’attenzione il tema dell’eccessivo indebitamento di alcune di queste società private e del comportamento predatorio di alcuni fondi che hanno investito in queste società di gestione. Il modello della privatizzazione e finanziarizzazione con quotazione in borsa non sembra dominare il panorama, anzi, fatta eccezione per l’Inghilterra, nel resto d’Europa il modello dominante è quello dell’impresa pubblica locale. A questo va aggiunto che se l’intento di chi sostiene la privatizzazione come strumento attraverso il quale si possa ottenere gestioni più efficienti rispetto alle imprese pubbliche, in realtà la letteratura nella quale si fa la comparazione fra imprese pubbliche e imprese private ha mostrato che non ci sono argomenti per sostenere che le imprese private abbiano, a parità di condizioni, migliori prestazioni rispetto alle imprese pubbliche. Per quanto riguarda l’efficienza, gli studi sull'effetto della proprietà sulle prestazioni sono difficilmente conclusivi e sembrano dare più peso al tipo di regolamentazione adottata e alla esistenza di una concorrenza reale che non alla privatizzazione della gestione. Per quanto ci riguarda sappiamo che le imprese che gestiscono i servizi pubblici, in particolare acqua e rifiuti, quindi in settori dove il gestore opera in regime di monopolio e in assenza di concorrenza. In questi casi la soluzione ottimale è quella di regolare la qualità, gli investimenti e le tariffe attraverso un’autorità indipendente. L’efficienza e la qualità dei servizi sono assicurati dalla regolazione e non dalla concorrenza. Società pubbliche e società privatizzate applicano tariffe, si confrontano con gli standard di qualità dei servizi secondo le disposizioni della regolazione pubblica. Nessuna delle due forme di proprietà è più adatta in assoluto. Però ogni impresa, pubblica o privata, si confronta con le regole e gli obiettivi di efficienza e qualità dettati dall’autorità pubblica.

La gestione di questi servizi da parte dell’impresa di proprietà pubblica può avere una marcia in più rispetto alla privatizzazione: il ritorno (ristorno) dell’utile agli utenti. Non c’è quindi una forma di superiorità dell’impresa privatizzata rispetto a quella pubblica ma una competizione fra imprese a chi ottiene le migliori prestazioni. Ma c’è qualche elemento che rende la gestione dell’impresa pubblica migliore rispetto a quella dell’impresa privatizzata? Ebbene sì. L’elemento che può distinguere e rendere migliore per l’utente la gestione pubblica rispetto a quella privatizzata è la possibilità di gestire il servizio, finanziare e realizzare gli investimenti senza bisogno di vedersi riconoscere l’utile d’impresa. Non è una novità. Le imprese pubbliche municipalizzate hanno gestito per gran parte del secolo scorso i servizi loro affidati con tariffe che coprivano i costi di gestione, ammortamenti degli investimenti e gli interessi passivi necessari a finanziare gli investimenti. Alcune imprese pubbliche lo fanno ancora oggi, retrocedendo la parte degli utili che la tariffa gli riconosce per sostenere gli utenti più deboli e per finanziare investimenti che non gravano sulle tariffe degli utenti.

C’è un termine per rappresentare questo modo di gestire il servizio: senza scopo di lucro. Questa è la frontiera di ricerca su cui conviene costruire le nuove esperienze di gestione dei servizi pubblici locali, una forma di gestione dei servizi che può costare meno agli utenti, senza per questo far venire meno la capacità di finanziare gli investimenti necessari. Dobbiamo abbandonare le logiche neoliberistiche della privatizzazione e finanziarizzazione e avviarci verso una rinnovata esperienza che viene dalla storia della municipalizzazione, quella dell’intervento sociale dell’ente pubblico locale a sostegno della comunità in un contesto di competizione con altri modelli di gestione.
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