Valiani: con l'acqua in Borsa il solo dio sarà il profitto
28-12-2023 15:56 - Opinioni
di Mauro Valiani
Mi hanno colpito le ultime affermazioni della sindaca della nostra città sulla questione della multiutility (grande agglomerato aziendale che gestisce acqua rifiuti e gas per la toscana centrale) e la relativa quotazione in Borsa. Brenda Barnini, sulla questione della collocazione in Borsa di un bene fondamentale e pubblico come l’acqua, comunica una ‘naturalità’ e una ‘neutralità’ della scelta che preoccupa.
La quotazione in Borsa (ancorché con il ‘solo’ 49% della proprietà di soggetti privati, che non saranno comunque delle ‘normali persone’, ma grandi investitori) non è una neutra fonte di finanziamento, ma condiziona le scelte orientandole secondo il principio del massimo profitto. Questo è il nocciolo della questione. Come sappiamo le ‘azioni’ che sono emesse da società quotate in borsa di fatto rappresentano la proprietà di una percentuale di un’azienda (e, ovviamente danno diritto a partecipare, in quota proporzionale, agli utili aziendali e alle scelte). A differenza delle obbligazioni, che sono invece crediti verso un’azienda. Certo, con l’assetto previsto, ci sarebbero anche degli introiti per i Comuni (per via della loro detenzione del 51% della proprietà), ma a scapito di rigonfiamenti della bolletta che si configurerebbero come una vera e propria tassazione impropria, visto che la norma prevede che i costi siano ricaricati sugli utenti.
Saprà certamente la sindaca che i principali investitori delle attuali multiutility italiane già quotate in borsa, soprattutto del nord Italia, sono dei grandiosi agglomerati finanziari mondiali: i ‘Big Three’ (BlackRock, Vanguard e State Street). Mi pare davvero una ingenuità la sua affermazione “i grandi investimenti su scala planetaria che servono a mitigare le criticità sull'impatto ambientale, si trovano solo con la quotazione in borsa”. In verità, questi grandi investitori perseguono un solo fine: il profitto a breve termine. Oltre alle loro massicce partecipazioni nell’industria bellica, sono impegnati nell’attività di marketing verde (‘greenwashing’) ed allo stesso tempo sono ampiamente partecipi nelle industrie estrattive di materie prime e fonti di energia fossile, fino a possedere azioni di aziende pesantemente responsabili della deforestazione dell’Amazzonia. Invito la sindaca a riconsiderare: sono e saranno essenzialmente gli Stati (se ci riusciremo...) a invertire lo sviluppo malato che ci ha portato alla crisi climatica-ambientale, non certo questi nuovi ‘padroni del mondo’.
Un’altra considerazione fondamentale che da’ forza alla contestazione della scelta che il Comune di Empoli, insieme a diversi altri, ha fatto, è che, nel nostro paese e in grandi città europee, ci sono molte esperienze di gestione pubblica di questi beni fondamentali per la nostra vita. È, quindi, solo una distorsione retorica sostenere che ‘non ci sono alternative’.
Esprimo un altro timore sulle motivazioni di fondo di certe scelte strategiche da parte di esponenti politici (che, ahimè, su questo tema, sembrano accumunare esponenti della destra e del PD): in un’epoca in cui le strutture collettive sono così in crisi, i momenti di confronto e di studio così ridotti rispetto al passato, aumenta la pulsione di ‘affidarsi a chi sa’, i famosi tecnocrati che guidano le scelte. Purtroppo, “le cose non sono fatte perché giuste e necessarie, ma perché attraenti per gli investitori, in un continuo gioco tipico della società dello spettacolo in cui tutto viene narrato all’intero di una scenografia di cartone; ma dietro le quinte, l’unica cosa che conta è il profitto e l’enorme sete di potere”.
Ripetiamo la parola d’ordine da diffondere: la Borsa non è la Manna che generosamente cala dal cielo sui cittadini. È solo un sistema - pur legittimo, ma pericoloso quando trattasi di beni pubblici, non privati – per fare affari, per intascare dividendi. Non vorrei troppo enfatizzare, ma io penso che il modo con cui si valutano questi nuovi mega soggetti finanziari che comandano ‘nascostamente’ il mondo influisca anche sulla cultura profonda, la scala dei valori, di una comunità. Per questo confido che quanto prima si possa tenere il referendum per l’abrogazione della famosa delibera del Comune con cui si è aderito alla multiutility e alla relativa quotazione in Borsa. E con ciò si onori il grande lavoro fatto con la raccolta delle firme organizzata dal comitato Trasparenza per Empoli, oltre 4mila firme, più del 10% del corpo votante.
Tuttavia, affinché il pronunciamento avvenga con la massima partecipazione (io penso che anche la sindaca apprezzi la vitalità democratica della città…), ma anche con la massima consapevolezza, propongo che si organizzi un grande convegno pubblico in cui rappresentanti ed esperti ‘delle due parti in conflitto’, si confrontino con una pluralità di voci. Questa richiesta di referendum costituisce uno sforzo autenticamente democratico, che tratta gli empolesi (ma idealmente tutti i toscani) non solo da elettori ma da cittadini, cioè soggetti chiamati ad assumersi la responsabilità non solo di sacrifici, ma di scelte, e di essere parte del discorso pubblico.