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Slow food, suolo da curare:rivalutare le scelte adottate col piano strutturale intercomunale

05-04-2024 19:28 - Cronaca
da Enrico Roccato
(condotta Slow Food)

Ci troviamo spesso in situazioni nelle quali si identifica Slow Food come una compagnia di amici che si dedicano al consumo del cibo. Nulla di più sbagliato. Slow Food considera il cibo come una metafora della realtà in cui viviamo, sempre più concentrata sulle logiche del consumo e soprattutto del consumo irresponsabile di tutto ciò che riguarda la natura. Questa aggressione perpetrata verso tutti quei fattori sostanziali per la vita dei cittadini che si sintetizzano nel termine “beni comuni”, si esprime nella mercificazione del cibo, nella perdita dei significati e nel valore del lavoro umano, soprattutto quello legato alla difesa dell’ambiente, nella negazione della crescita dei danni apportati dall’attuale modello di sviluppo all’ambiente naturale ed i conseguenti effetti di cambiamento climatico.

Slow Food è impegnata da anni soprattutto nel promuovere riflessioni ed iniziative a tutela del mondo dei produttori agricoli. L’agricoltura e gli allevamenti sono oggetto di interventi che alterano sempre più gli equilibri naturali con strumenti chimici e fisici che apportano evidenti danni all’ambiente.

In questo ambito è fondamentale la tutela del suolo dato che esso è certamente un bene comune in quanto risorsa non rinnovabile, cioè ambito su cui agire con la massima cautela. L'attività agricola assolve alla funzione di difesa del territorio sotto il profilo idrogeologico, paesaggistico, ambientale e produttivo. Ogni scelta relativa deve essere quindi oggetto di attenta valutazione che ne consideri la complessità e gli stretti di legami di interdipendenza ma anche le conseguenze delle scelte urbanistiche generali.

Esiste, a nostro parere, una situazione di “emergenza” derivante, per l’intero nostro Paese, dal depauperamento e dal consumo del suolo, risorsa non rinnovabile e non sostituibile, elemento di vita, bene comune.Scorrendo i dati dell’annuale Rapporto sul consumo di suolo dell’Istituto Superiore di Protezione e Ricerca Ambientale (ISPRA), l’emergenza c’è ancora. Anzi, col passare degli anni si è trasformata in una “emergenza sistemica”: continua a crescere e continuerà senza limiti, almeno valutando le previsioni espansive individuate dai Piani Regolatori o Piani di Gestione del Territorio dei Comuni italiani.

Dobbiamo partire da questo elemento e dai possibili conseguenti effetti per esprimere una valutazione anche sulle scelte urbanistiche che vengono fatte dalle Amministrazioni del nostro territorio.I nuovi Piani Strutturali Intercomunali, come quello di Empoli, Capraia e Limite, Cerreto Guidi, Montelupo Fiorentino e Vinci con le loro previsioni di consumo di nuovo suolo rappresentano un approccio ideologico e pericoloso che dovrebbe allarmare l’intera collettività, ma che ormai sembrano essere di comune ispirazione anche per molti altri comuni toscani.

Il suolo non può più essere usato solo per la produzione di derrate agricole o per l’insediamento di beni industriali, ma deve essere considerato anche per le sue funzioni ambientali. Il suolo è infatti una risorsa naturale irriproducibile e fondamentale, da cui dipende l’intera vita del pianeta. Il suolo è stato troppo a lungo considerato un inerte, un semplice supporto sul quale si avviano colture o si costruisce senza valutarne la naturale attitudine e si praticano lavorazioni aggressive senza considerarne la complessità e senza tenere conto dei rischi per la biodiversità nonché per gli equilibri ambientali.

Secondo Slow Food, per rimediare al degrado dei suoli sono fondamentali un cambiamento del paradigma agronomico, un superamento della logica del consumo vorace dei territorio e una studiata e metodica cura dei suoli. La cura si basa soprattutto sulla considerazione che là dove noi occupiamo i terreni con superfici edificate o impermeabilizzate creiamo danni crescenti alla biodiversità dei territori ed avviamo processi di alterazione degli equilibri naturali che non vengono minimamente presi in considerazione da chi si pone esclusivamente obiettivi di carattere economico. Il consumismo, figlio di una ideologia della crescita infinita che non riesce a considerare i danni complessivi apportati alla realtà esistente, comporta effetti concreti ed in gran parte irreversibili. Clima e suolo sono infatti strettamente collegati: il clima condiziona la formazione del suolo e il suolo, a sua volta, incide sulla composizione dell’atmosfera, in particolare sulla quantità di anidride carbonica e altri gas a effetto serra.

Slow Food ritiene che sia necessario pensare ad una gestione sostenibile del territorio garantendo che l’insieme dei soggetti civili (professionisti, imprenditori e amministratori) agenti nel territori improntino le loro scelte a criteri di rispetto ambientale e valutino attentamente le interconnessioni tra interventi e salute, evitando danni al patrimonio ambientale, idrico ed atmosferico in primo luogo. Ci vuole a nostro parere una attenzione molto più puntuale sui conflitti che nascono dall’uso dei terreni ed il loro impatto sull’insieme dei componenti degli ecosistemi territoriali.

In ragione di tutti questi elementi, Slow Food, in rapporto alla programmazione territoriale prevista dalle Amministrazioni Comunali del nostro territorio attraverso il Piano Strutturale Intercomunale, ritiene che sia indispensabile una rivalutazione complessiva delle scelte adottate che attualmente sono previste nell’ordine di 2 milioni e mezzo di metri quadri di suolo per la sola Empoli, evitando questo nuovo consumo del suolo, nuovi interventi edilizi che occupino territori agricoli fondamentali per la tutela della biodiversità e alterino equilibri delicati del nostro habitat.
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