Sinner e la residenza a Montecarlo, il bersaglio sbagliato
01-02-2024 09:16 - Opinioni
di Stefano Tamburini
Oggi tutti esperti di paradisi fiscali, perché lo sport nazionale fino a lunedì sera era diventato il tennis, da martedì in poi sotto con il tiro al piccione. Nel mirino chi paga le tasse a Monte Carlo. Come al solito nessuno ha studiato la materia, ha saputo distinguere tra quelli che a Monte Carlo risiedono davvero e quelli che invece fanno finta, perché per avere la residenza bisogna anche dimostrare di risiedere. E c’è chi paga il portiere del caseggiato per accendere la luce e aprire i rubinetti dell’acqua per dimostrare che ci sono stati consumi mentre il proprietario di casa era in Italia a fare la bella vita con i soldi delle tasse non pagate.
E dunque in tanti se la sono presa con il fresco vincitore degli Australian Open di tennis, Jannik Sinner, perché paga le tasse a Monte Carlo. Certo, il regime fiscale monegasco è più conveniente, specie se i redditi – come nel caso di Sinner – sono maturati in giro per il mondo e non in Italia. Fra i due Stati, già dal 2016 c’è un preciso accordo che – fra le altre cose – prevede l’ammissione «in deduzione solo il pro-rata dell’imposta pagata a Monaco corrispondente alla parte del reddito estero che concorre alla formazione del reddito complessivo. Tuttavia, la deduzione è esclusa qualora il reddito sia assoggettato in Italia mediante imposta sostitutiva o ritenuta a titolo d’imposta». Per semplificare, se Sinner fosse un calciatore e giocasse nella Juventus, nell’Inter o nel Milan, il reddito percepito dalla società sportiva sarebbe tassato in Italia. Quello per le sponsorizzazioni personali magari potrebbe passare dall’estero se le aziende interessate avessero sede in un altro Stato. In ogni caso la residenza a Monte Carlo conviene, è solo per ricchi, perché chi viene da un altro Stato per averla – oltre a risiedervi per almeno 183 giorni all’anno – bisogna comunque avere un reddito minimo di 500mila euro all’anno.
E qualcuno si è premurato di sapere quanti altri italiani hanno la residenza a Monte Carlo oltre a Sinner? Sono circa 8.000, la metà dei quali vengono dalla Lombardia e in gran parte sono imprenditori. Poi ce ne sono altri 3.000 che vengono definiti transfrontalieri ma sono lavoratori come quelli che dalla Romagna si spostano a San Marino o dalla Lombardia al Canton Ticino. Ecco, oggi sembra che solo Sinner faccia il furbo. Prima di ieri per Flavio Briatore non si è indignato quasi nessuno. E poi, volete conoscere qualche altro nome? Fra i tennisti ci sono anche Matteo Berrettini e Lorenzo Musetti. E non ci sono solo giocatori italiani, a Monte Carlo risiedono anche Novak Djokovic, Daniil Medvedev, Stefanos Tsitsipas e Alexander Zverev. Dal mondo del motociclismo vengono Loris Capirossi e Max Biaggi, dal ciclismo Mario Cipollini. A Monte Carlo risiedevano anche il supermanager Fiat-Fca Sergio Marchionne e il super procuratore dei calciatori Mino Raiola. Dal mondo della Formula Uno, a parte Charles Leclerc che monegasco lo è davvero, arrivano Lando Norris e Max Verstappen.
Numerosi anche i personaggi del mondo dello spettacolo e della televisione come Katia Ricciarelli, Umberto Tozzi, Ornella Muti, Maria Grazia Cucinotta, Salvatore Accardo, Renato Bruson, Cecilia Gasdia. C’era anche Ennio Morricone, qualcuno si indignò quando fu insignito dell’Oscar per le sue musiche da film? Eppure anche lui era residente a Monte Carlo. Sulla carta, mentre Sinner ci abita davvero, quando non è in giro per il mondo è lì che si allena e fa base. Tornando al mondo dello spettacolo, Ezio Greggio è finito nei guai per un contenzioso con il fisco dopo aver preso la residenza a Monte Carlo e se l’è cavata con un accordo da 45 mila euro. Indignati gli spettatori di “Striscia la notizia”? Per niente. Un po’ peggio è andata all’ex miss Italia Cristina Chiabotto, che ha dovuto vendere qualche immobile per pagare il dovuto. Indignati i telespettatori davanti ai suoi spot per l’acqua Uliveto messi in scena insieme con Alex Del Piero e l’uccellino? No, per niente.
C’è poi il caso del tenore Luciano Pavarotti, che nel 2000 consegnò in diretta tv al ministro delle Finanze, Ottaviano Del Turco, un assegno da 25 miliardi di lire (quasi 13 milioni di euro) per via di un contenzioso aperto sulla sua residenza fittizia in un paradiso fiscale. Stessa sorte toccò a Valentino Rossi, che non aveva scelto Monte Carlo ma Londra per pagare meno tasse. Ora va di moda il tiro al piccione contro il grande che tutti applaudono per l’ultima impresa. Perché siamo fatti così, il successo piace ma un po’ anche dà fastidio. Però, mi raccomando, tutti silenti e plaudenti di fronte a quelli che non odorano così di buono come Flavio Briatore, quello del Gran Premio di Formula Uno più truccato della storia.
Anche questo spiega perché l’Italia è passata da pendere dalle labbra di Ciampi a quelle di Ciampolillo (il deputato che con il suo voto rischiava di far cadere uno dei recenti governi d’emergenza), da Aldo Moro a Ignazio La Russa. Piace l’uomo forte da adorare. Ecco, siamo una Tribù degli Adoranti pronta ad attaccare sempre quelli sbagliati. Con scarsa memoria peraltro, che inasprisce le pene per chi manifesta per strada con l’obiettivo di colpire gli ecologisti e che con quella legge potrebbe invece dare una sonora mazzata anche ai manifestanti con i trattori, che sono amici del proprio partito, la Lega. E poi che dire sempre della Lega, ma sarebbe meglio dire di Matteo Salvini, che sostiene che chi compie reati all’estero è giusto che sia processato e detenuto in quel Paese. Lo dice per colpire una maestra italiana antifascista che secondo l’accusa ungherese avrebbe procurato ferite guaribili in otto giorni a qualche nostalgico nazista. Bene, secondo questa logica, che dovremmo fare, riportare i due marò in India?
In tutto questo ci vanno di mezzo i giornali. Quelli sportivi che passano in pochi giorni Sinner dalle brevi alla prima pagina e al primo sfoglio. E quelli generalisti che si sono accorti all’improvviso che c’è un altro Paese da raccontare. Ci sarebbe anche quello delle morti sul lavoro, della piaga del gioco d’azzardo e delle infiltrazioni criminali negli affari favoriti dalle istituzioni, dei mefitici intrecci tra le aziende dell’energia e gli enti pubblici. Tutta roba da nascondere per far posto ai microfoni da sorreggere sotto il naso del politico amico di turno.
Ma sì, prendiamocela con Sinner, dai. Che fa più figo.
Oggi tutti esperti di paradisi fiscali, perché lo sport nazionale fino a lunedì sera era diventato il tennis, da martedì in poi sotto con il tiro al piccione. Nel mirino chi paga le tasse a Monte Carlo. Come al solito nessuno ha studiato la materia, ha saputo distinguere tra quelli che a Monte Carlo risiedono davvero e quelli che invece fanno finta, perché per avere la residenza bisogna anche dimostrare di risiedere. E c’è chi paga il portiere del caseggiato per accendere la luce e aprire i rubinetti dell’acqua per dimostrare che ci sono stati consumi mentre il proprietario di casa era in Italia a fare la bella vita con i soldi delle tasse non pagate.
E dunque in tanti se la sono presa con il fresco vincitore degli Australian Open di tennis, Jannik Sinner, perché paga le tasse a Monte Carlo. Certo, il regime fiscale monegasco è più conveniente, specie se i redditi – come nel caso di Sinner – sono maturati in giro per il mondo e non in Italia. Fra i due Stati, già dal 2016 c’è un preciso accordo che – fra le altre cose – prevede l’ammissione «in deduzione solo il pro-rata dell’imposta pagata a Monaco corrispondente alla parte del reddito estero che concorre alla formazione del reddito complessivo. Tuttavia, la deduzione è esclusa qualora il reddito sia assoggettato in Italia mediante imposta sostitutiva o ritenuta a titolo d’imposta». Per semplificare, se Sinner fosse un calciatore e giocasse nella Juventus, nell’Inter o nel Milan, il reddito percepito dalla società sportiva sarebbe tassato in Italia. Quello per le sponsorizzazioni personali magari potrebbe passare dall’estero se le aziende interessate avessero sede in un altro Stato. In ogni caso la residenza a Monte Carlo conviene, è solo per ricchi, perché chi viene da un altro Stato per averla – oltre a risiedervi per almeno 183 giorni all’anno – bisogna comunque avere un reddito minimo di 500mila euro all’anno.
E qualcuno si è premurato di sapere quanti altri italiani hanno la residenza a Monte Carlo oltre a Sinner? Sono circa 8.000, la metà dei quali vengono dalla Lombardia e in gran parte sono imprenditori. Poi ce ne sono altri 3.000 che vengono definiti transfrontalieri ma sono lavoratori come quelli che dalla Romagna si spostano a San Marino o dalla Lombardia al Canton Ticino. Ecco, oggi sembra che solo Sinner faccia il furbo. Prima di ieri per Flavio Briatore non si è indignato quasi nessuno. E poi, volete conoscere qualche altro nome? Fra i tennisti ci sono anche Matteo Berrettini e Lorenzo Musetti. E non ci sono solo giocatori italiani, a Monte Carlo risiedono anche Novak Djokovic, Daniil Medvedev, Stefanos Tsitsipas e Alexander Zverev. Dal mondo del motociclismo vengono Loris Capirossi e Max Biaggi, dal ciclismo Mario Cipollini. A Monte Carlo risiedevano anche il supermanager Fiat-Fca Sergio Marchionne e il super procuratore dei calciatori Mino Raiola. Dal mondo della Formula Uno, a parte Charles Leclerc che monegasco lo è davvero, arrivano Lando Norris e Max Verstappen.
Numerosi anche i personaggi del mondo dello spettacolo e della televisione come Katia Ricciarelli, Umberto Tozzi, Ornella Muti, Maria Grazia Cucinotta, Salvatore Accardo, Renato Bruson, Cecilia Gasdia. C’era anche Ennio Morricone, qualcuno si indignò quando fu insignito dell’Oscar per le sue musiche da film? Eppure anche lui era residente a Monte Carlo. Sulla carta, mentre Sinner ci abita davvero, quando non è in giro per il mondo è lì che si allena e fa base. Tornando al mondo dello spettacolo, Ezio Greggio è finito nei guai per un contenzioso con il fisco dopo aver preso la residenza a Monte Carlo e se l’è cavata con un accordo da 45 mila euro. Indignati gli spettatori di “Striscia la notizia”? Per niente. Un po’ peggio è andata all’ex miss Italia Cristina Chiabotto, che ha dovuto vendere qualche immobile per pagare il dovuto. Indignati i telespettatori davanti ai suoi spot per l’acqua Uliveto messi in scena insieme con Alex Del Piero e l’uccellino? No, per niente.
C’è poi il caso del tenore Luciano Pavarotti, che nel 2000 consegnò in diretta tv al ministro delle Finanze, Ottaviano Del Turco, un assegno da 25 miliardi di lire (quasi 13 milioni di euro) per via di un contenzioso aperto sulla sua residenza fittizia in un paradiso fiscale. Stessa sorte toccò a Valentino Rossi, che non aveva scelto Monte Carlo ma Londra per pagare meno tasse. Ora va di moda il tiro al piccione contro il grande che tutti applaudono per l’ultima impresa. Perché siamo fatti così, il successo piace ma un po’ anche dà fastidio. Però, mi raccomando, tutti silenti e plaudenti di fronte a quelli che non odorano così di buono come Flavio Briatore, quello del Gran Premio di Formula Uno più truccato della storia.
Anche questo spiega perché l’Italia è passata da pendere dalle labbra di Ciampi a quelle di Ciampolillo (il deputato che con il suo voto rischiava di far cadere uno dei recenti governi d’emergenza), da Aldo Moro a Ignazio La Russa. Piace l’uomo forte da adorare. Ecco, siamo una Tribù degli Adoranti pronta ad attaccare sempre quelli sbagliati. Con scarsa memoria peraltro, che inasprisce le pene per chi manifesta per strada con l’obiettivo di colpire gli ecologisti e che con quella legge potrebbe invece dare una sonora mazzata anche ai manifestanti con i trattori, che sono amici del proprio partito, la Lega. E poi che dire sempre della Lega, ma sarebbe meglio dire di Matteo Salvini, che sostiene che chi compie reati all’estero è giusto che sia processato e detenuto in quel Paese. Lo dice per colpire una maestra italiana antifascista che secondo l’accusa ungherese avrebbe procurato ferite guaribili in otto giorni a qualche nostalgico nazista. Bene, secondo questa logica, che dovremmo fare, riportare i due marò in India?
In tutto questo ci vanno di mezzo i giornali. Quelli sportivi che passano in pochi giorni Sinner dalle brevi alla prima pagina e al primo sfoglio. E quelli generalisti che si sono accorti all’improvviso che c’è un altro Paese da raccontare. Ci sarebbe anche quello delle morti sul lavoro, della piaga del gioco d’azzardo e delle infiltrazioni criminali negli affari favoriti dalle istituzioni, dei mefitici intrecci tra le aziende dell’energia e gli enti pubblici. Tutta roba da nascondere per far posto ai microfoni da sorreggere sotto il naso del politico amico di turno.
Ma sì, prendiamocela con Sinner, dai. Che fa più figo.