Si è girato Niang! La nostra è la salvezza più bellA
02-06-2024 14:18 - Sport
di Gabriele Guastella
L'orologio segna le 22:39 di domenica 26 Maggio 2024, il cronometro del direttore di gara Signor Massa di Imperia invece segnala che siamo dentro al terzo dei cinque minuti di recupero di un Empoli-Roma destinato ad entrare nella storia: è la combinazione temporale perfetta per il tiro di Mbaye Niang che, scagliato con potenza e con la palla a filo d'erba, oltrepassa le sagome del difensore Mancini e del portiere Svilar gonfiando la rete della porta giallorossa e facendo sobbalzare un popolo intero.
Se ci avessero detto in anticipo che avremmo vissuto un finale di questo tipo, dopo una stagione così tribolata e sofferta, densa di insidie e di episodi sempre o quasi contrari, non ci avremmo creduto; avremmo pensato certamente che questa trama sarebbe stata scritturata con troppa perfezione: immaginate, il gol vittoria, anzi il gol salvezza, a centoventi secondi dal baratro, e per giunta in pieno recupero. Roba che si vede soltanto nei film: in uno in particolare, di genere calcistico tra l'altro, con Aristoteles protagonista in campo e Lino Banfi in panchina. A proposito quel film compie quarant'anni esatti: era il 1984, e per l'appunto seguì anche l'invasione di campo con sciarpe, trombette e bandiere.
Non per essere faziosi, ma la salvezza dell'Empoli è sicuramente la più bella. Vuoi mettere quella silenziosa del Genoa, inserito nel lotto delle squadre a difesa della massima serie, scappata via troppo presto per poter sentire il morso della lotta salvezza. No dai, il Genoa quest'anno non ci ha neanche dovuto pensare, spettatore da fuori, arbitro leale negli scontri diretti: giustiziere con il Sassuolo, deciso con il Cagliari.
Vuoi mettere con quella del Lecce: arrivata in un sabato sera per causa d'altri, con quarant'otto ore di anticipo rispetto allo scontro diretto con l'Udinese che, se giocata insieme alle altre, forse sarebbe stata tutt'altra roba. Sicuramente non avrebbe "rizzato" tutto quel baccano, sicuramente sarebbe stato tutto più equilibrato. Ma la festa del Lecce è durata una domenica intera e mezzo lunedì, quasi spenta per lo 0-2 arrendevole subito tra le mura amiche.
E allora vuoi mettere con quella del Cagliari? No, non faccio a cambio con i sardi. Loro bravi a non mollare mai, nel fortino del "Gigi Riva" e nelle due vittorie corsare di Empoli ed in quella decisiva in casa del derelitto Sassuolo. Ma l'ultima, anzi nell'ultima di Claudio Ranieri, è come se l'entusiasmo si fosse sopito di fronte ad un rigore dato contro al tredicesimo di un lungo quanto ingiustificato recupero.
E non faccio a cambio, ci mancherebbe, nemmeno con la salvezza dell'Udinese: piovuta quasi dal cielo con i tre punti finali in una partita di attesa e preghiera, nel dentro o fuori in casa del Frosinone. Certo decisiva, sommata ai tre punti "pacco regalo" di Lecce, e al punticino "buono sconto" con l'Empoli sette giorni dopo.
Mi tengo stretto la salvezza azzurra, arrivata con ventinove gol all'attivo e ventuno partite su trentotto senza segnare, in una stagione piena zeppa di infortuni, con tre allenatori e una "marea" di episodi contro. Il rigore dato e poi tolto con l'Udinese, il gol annullato per due millimetri in casa del Torino, la seconda rete della Lazio con la maglia di Baldanzi che si allunga di un metro, l'espulsione di un calciatore del Cagliari cancellata dopo un'accurata ricerca di una spintarella di Walukiewicz, il gol dell'Inter convalidato nonostante il fuorigioco di Thuram, la rete annullata a Lecce per un tocco di Caprile fuori dall'area di rigore di cui ancor'oggi non vi è certezza e il gol ai salentini, nella stessa partita, convalidato nonostante la maglia di Luperto si sia stirata di mezzo metro; e poi il gol regolarissimo annullato a Maleh in quell'orribile Udinese-Empoli, in cui si è visto volare subito un cartellino giallo ad un nostro calciatore (Grassi era in diffida!) dopo cento secondi di gioco e senza neanche un contatto fisico con l'avversario. Udine, dove si è dovuti poi assistere alle quasi intimidazioni di un arbitro ad un nostro calciatore nel tunnel degli spogliatoi, per finire a quel recupero che è parso un po' troppo allungato.
Ma tutto questo faceva parte di una trama del destino, del destino di un gruppo che nei momenti drammatici delle scene si è aggrappato a qualcosa che potesse rappresentare l'ancora di salvataggio, quel qualcosa da cui ripartire.
Così è successo che in un pomeriggio di settembre, con zero gol fatti e zero punti dopo cinque partite, il gol-vittoria di Baldanzi alla Salernitana è apparso come l'improvvisa fiammata di un fuoco sepolto dalle ceneri, quello di Gyasi nel derby di Firenze una liberazione, e quello di Kovalenko a Napoli "l'arcobaleno" dopo una lunga tempesta.
Invece è proprio da lì che sono iniziati nuovi guai, con il vento che ha spezzato nuovamente le vele di un'imbarcazione tirata su a fatica da "nonno" Aurelio e dal suo staff, tra infortuni ed episodi avversi che hanno ancora una volta rimesso tutto in discussione.
Mettersi in discussione: ecco questo devono aver pensato a Monteboro, in quei giorni di pioggia e vento freddo di metà gennaio. Con l'esperienza di chi già ha vissuto momenti come questi, e con la forza di chi ha coraggio da vendere, il club ha inseguito il sogno puntando su un gruppo ed uno spogliatoio solido e unito, rinforzandolo con tre innesti in un mix di muscoli (Cerri), attaccamento alla maglia (Zurkowski), scommessa (Goglichidze) e voglia di riprendersi il palcoscenico (Niang), e affidandolo al gladiatore Davide Nicola, uomo con capacità infinite di leggere dentro alle difficoltà straordinarie opportunità.
L'Empoli è apparso come quel ciclista costretto a rincorrere il "gruppone" con sempre meno chilometri a disposizione, in un finale tra curve e salite. Quel ciclista si è alzato sui pedali e curva dopo curva si è ritrovato nuovamente "vivo", dentro alla lotta.
La caduta con il Cagliari e le tre successive sconfitte consecutive, non hanno scalfito le convinzioni, piuttosto hanno contribuito a far amalgamare ulteriormente il gruppo di lavoro finendo poi per compattare tutto l'ambiente in un tutt'uno di trascinante forza e passione.
Nell'ultimo mese la città, e tutto il comprensorio, si è strinta attorno alla propria squadra, questa volta come in poche altre occasioni di "spallettiana" e "sarriana" memoria, o forse di più eguagliando nei contenuti quel drammatico spareggio dell'8 giugno 2012.
Ecco, appunto, il 26 maggio è una nuova data che si iscrive ufficialmente nella storia epocale dell'Empoli, in quella "pagina-sommario" dove a grandi linee si inseriscono solo le date, lasciando al gioco della memoria poetici ricordi. Il 26 maggio ora è in buona compagnia, tra un 14 settembre che ha segnato la prima storica e vittoriosa partita in Serie A (1986), un 17 maggio che segnò la prima storica ed incredibile salvezza nella massima serie (1987), ed un 8 giugno di cui non serve neanche rammentare altro.
Sorrido di fronte a commenti sarcastici sul perché tanto entusiasmo per un diciassettesimo posto che non fa alzare al cielo coppe e trofei, senza medaglie al collo ed iscrizioni all'albo d'oro. Perché in realtà c'è anche altro oltre all'immaginario collettivo di un palco allestito a festa, in quest'epoca piena di apparenze in cui il secondo è già un perdente a prescindere, ed è rappresentato da quel senso di appartenenza alla città e al territorio, dalla gioia di poter condividere il successo di un gruppo che ti rappresenta davvero, nel profondo del suo significato.
Tanto che la nostra gioia e la nostra festa continua ancora e, probabilmente, durerà tutta l'estate, certamente con i soliti toni pacati, proprio come quel contadino che brinda con un rosso tra le mani per l'ultimo raccolto, osservando quella terra con gli occhi lucidi di orgoglio e pensando già a come far meglio e più di prima.
Anche per questo la nostra è la salvezza più bella: "si è girato Niang!", dedicato a chi non ha mai smesso di combattere, dedicato a noi...