21 Novembre 2024
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Servizi pubblici, nuovo corso o tatticismi?

13-08-2024 16:58 - Opinioni
di Piero Bartalucci

1. Non sappiamo se sul dibattito circa il futuro dei servizi pubblici locali della nostra regione siamo all'inizio di un “nuovo corso” o se invece stiamo assistendo ai soliti tatticismi, per le proteste contro la multiutility, fino alla manifestazione di Empoli, con la raccolta delle firme per il referendum contro la quotazione in borsa. Se l'intento è quello di disinnescare la posizione dei comitati l'iniziativa è davvero maldestra perché i nodi politici, quelli veri, sono tuttora sul tappeto e lungi dall'essere sciolti.

Permane molto scetticismo in giro. La circostanza, per essere credibile dovrebbe avere conseguenze, perché se i capi della quotazione in borsa restano tutti ai loro posti di comando (di Alia, Extra e Publiacqua) potrebbe accadere, dopo le regionali, che la Multiutility quotata, riprenda vigore e venga riproposta. Se la politica, per ragioni sue, decide diversamente da quanto asserito finora non è detto che quello stesso menagement sia idoneo a interpretare la nuova fase. In assenza di conferme in tal senso, la presa di posizione di Fossi, pur condivisibile nel merito, non costituisce in alcun modo la novità che chiude un ciclo e ne apre un altro.

2. Ciò detto, i giochi potrebbero comunque anche riaprirsi, come auspicato da più parti, alla ripubblicizzazione dell'acqua, con l'acquisto delle quote attualmente in mano al privato e al successivo affidamento in house del servizio. In questo caso persiste però ancora il nodo di Alia, presente nella compagine sociale di Acque con una quota consistente (19,31%), che potrebbe costituire un impedimento alla formalizzazione della procedura.

Infatti, se i comuni Alia persisteranno ad affermare il contrario, del resto siamo autorizzati a supporlo, avendo già deliberato in tal senso, potrebbero anche decidere, per concretizzare la multiutility, di procedere a testa bassa ed “emigrare” verso Publiacqua, lasciando ai comuni pisani la conclusione dell'attuale contenioso con il privato e il completando dell'iter del processo di ripubblicizzazione di Acque.

Con i trucchi tutto si può fare. Del resto se volevano l'acqua in borsa figuratevi se per loro l'ATO costituisce un tabù. Ricordiamoci però che l'Ambito Territoriale Ottimale è la sede del ciclo naturale dell'acqua definito dalle leggi della natura e non della politica, dove l'acqua si forma, scorre, viene captata, utilizzata, collettata, depurata e scaricata nell'ambiente, cioè il luogo dove l'acqua assicura la sua continuità senza alterazioni dei confini naturali del ciclo. Ma non dobbiamo pensare negativo. Perché un tale scenario sarebbe il fallimento di tutta una classe dirigente, in modo particolare quella dell'empolese-valdelsa.

3. Ad ogni buon conto occorre ricordare chi ha contrastato il referendun sull'acqua pubblica dopo il 2011. Allora i partiti non ebbero tentennamenti e non persero tempo. Il primo attacco all'esito referendario avvenne quasi immediatamente, nell'agosto 2011, da parte di Berlusconi con l'approvazione di un decreto che prevedeva la sostanziale riproposizione dell'obbligo (questa volta però con l'esclusione del “servizio idrico integrato”) alla privatizzazione dei servizi pubblici locali. Attacco bloccato nel luglio 2012 da una sentenza della Corte Costituzionale, che ribadiva la necessità di procedere sui servizi pubblici locali tenendo conto dell'esito referendario.

Ma è con Renzi, che l'attacco al voto referendario si fece più deciso. Quella volta, l'azione del governo non avvenne con una proposta di legge specifica, ma attraverso il combinato disposto di norme differenti, le quali avevano un unico obiettivo esplicitamente dichiarato: passare da circa 1.500 società partecipate a 20 società regionali per la gestione dei rifiuti, pochi grandi player per il servizio idrico integrato, per la distribuzione del gas e per il trasporto pubblico locale.

4. A distanza di oltre venti anni anni durante i quali si sono consolidati nel paese almeno quattro grandi gruppi: Acea, A2A, Hera e Iren, vale la pensa effettuare un approfondimento, relativo agli utili ricavabili dalla gestione privatistica. Se si prende ad esempio la gestione dell'acqua, si può facilmente notare come il profitto ricavabile da tale attività possa essere prodotto esclusivamente da cinque fattori:

a) la diminuzione dei costi operativi, in particolare del costo del lavoro, attraverso il taglio del personale o l'applicazione di contratti precari;
b) la riduzione dei servizi, in particolare, nel caso delle multiutility, con l'accorpamento centralizzato degli stessi e la riduzione della presenza territoriale;
c) la riduzione degli investimenti, o meglio, l'effettuazione autoridotta degli investimenti programmati in sede di predeterminazione della tariffa;
d) l'aumento delle tariffe;
e) l'aumento dei consumi.

Ma se si guarda alla realtà dei processi di privatizzazione, fusione e aggregazione citati, i cinque fattori sopra nominati sono contemporaneamente presenti e tutti in diretto contrasto con l'interesse generale, che, al contrario, necessita di lavoro pubblico qualificato, di servizi di qualità territorializzati, di investimenti adeguati, di tariffe eque e di politiche per la riduzione degli sprechi di risorse essenziali alla vita stessa.
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