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Riunione sovranista in Toscana: attenzione, non è un caso

07-12-2023 12:08 - Opinioni
di Filippo Torrigiani

Assodato che Matteo Salvini non ha né lo spessore e men che meno la statura politica di Franklin Delano Roosevelt, sarebbe un errore sottovalutare il fatto che il capo del carroccio e i suoi collaboratori abbiano scelto Firenze e dunque la Toscana come luogo per la convention sovranista targata Europa. Sotto gli slogan 'Europa libera, Europa sicura’ si sono riuniti leader e militanti di ultradestra di nazionalità francese, romena, tedesca, bulgara etc. con l’intento, si apprende, di dar vita a quello che alcuni media hanno definito un nuovo Rinascimento europeo.

Non da ora, anche a livello mondiale, spira un vento di destra: sarebbe necessario, pertanto, che il mondo progressista e più in generale della sinistra fosse provvisto di gruppi politici dirigenti in grado di ricercare le motivazioni per le quali la società è sempre più incline ad affidarsi ad una politica urlata e talvolta farlocca, capace di mostrare se occorre i muscoli magari in direzione del problema più evidente o presunto tale, che poi non è necessariamente il più importante.

Una lettura del fenomeno si può ricavare dal fatto che è predominante, anche in Italia e oramai da decenni, il concetto di pensiero debole, di proposte culturali un tanto al kilo a cui si aggiungono una serie interminabile di politiche economiche frustranti con l’aggravante del fatto che l’ascensore sociale è fermo purtroppo da tempo, troppo tempo. Anche in Toscana, nonostante larga parte della politica di centro sinistra non se ne curi, il fenomeno è in ascesa: ne sono la riprova i risultati delle elezioni amministrative che, nel corso degli anni, hanno visto diminuire quello che una volta veniva definito ‘consenso rosso’ in favore delle compagini di centro destra.

Ma attenzione: stavolta, il fatto che l’ultradestra si sia riunita in Toscana, non va letto solo come una provocazione (cosa che peraltro è accaduta e accadrà) perché sicuramente c’è di più: Salvini & c hanno percepito che la Toscana, oggi, appare come il ‘ventre molle’ politico sopra al quale poter infierire. Molte delle politiche attuate dal governo regionale, unitamente a quelle di alcuni sindaci (tutti a maggioranza Pd) hanno raccolto sfiducia e sdegno in pezzi importanti dei territori e la lista è lunga: dalle questioni relative alla sanità (pre e post Covid) a quelle dei servizi pubblici come la quotazione dell’acqua pubblica in borsa; dalla diatriba sugli scali aeroportuali al consumo del suolo, fino a giungere alla legittimazione della sicurezza privata sulle strade (a Firenze la Giunta ha deliberato di avvalersi di Vigilantes armati di notte che il Comune pagherà insieme alla Camera di commercio per una spesa di 1,2 milioni di euro) e chi più ne ha più ne metta. A farla da padrona è quindi una sempre e più penetrante dissociazione della politica dalla realtà e dai veri bisogni dei cittadini che vivono situazioni di crescente difficoltà: in Toscana, ad esempio, l’11% dei lavoratori dipendenti, ovvero circa 200 mila persone, sono povere e percepiscono uno stipendio di 1000 euro al mese (nel 2006 erano la metà).

Di fronte a questi scenari servirebbe (al centro sinistra) una classe dirigente in grado di avanzare e realizzare proposte coerenti, virtuose e responsabili e invece si ha sempre più la sensazione che a dettare l’agenda siano selfie, occupazione dei CdA delle partecipate, tagli di nastri, passerelle, opportunismi e lotte intestine di correnti e partiti. Lo sfondo che si va dunque delineando, sommato all’inclinazione peraltro abbastanza volubile di tanti nostri concittadini i quali, alle ultime elezioni, hanno premiato chi si è presentato detentore di una certa 'forza' generazionale, ideologica e anche lessicale, non lascia molto spazio alla fantasia: senza ovviamente buttare tutto al macero (tra tutto e niente c’è sempre qualcosa nel mezzo) va preso atto che le scelte attuate negli ultimi anni dai gruppi dirigenti di centro sinistra hanno scomposto il tessuto sociale, contribuito ad acuire le diseguaglianze e di conseguenza spalancato le porte all’arrivo delle destre. E in un paese ‘mediamente normale’ le dimissioni di buona parte dei gruppi dirigenti, che fin qui hanno deciso e governato, sarebbero stata una prassi logica assolutamente necessaria per ripartire.
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