21 Novembre 2024
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Quelle lettere immaginarie scritte per raccontare 5 anni da assessori...

23-03-2024 08:50 - Politica
Hanno scritto lettere immaginarie. Le hanno dedicate ai genitori, a personaggi storici o inesistenti. Hanno raccontato le loro storie, ma anche – e soprattutto – il loro impegno per il governo della città. Pochi minuti per ognuno: così gli assessori della giunta guidata dalla sindaca Brenda Barnini hanno illustrato il loro personalissimo bilancio di fine mandato: le cose fatte, quelle da fare. Ma soprattutto le ansie dei primi giorni, i sogni, le aspirazioni per il futuro. Con un unico filo conduttore, l'amore per Empoli.

Fabrizio Biuzzi, che nella giunta Barnini ha gestito le deleghe a Sport, Volontariato e Associazionismo si è rivolto alla comunità di sportivi empolesi. «Nessuno avrebbe scommesso su di me, all'inizio – ha detto loro – Nemmeno io
avrei scommesso una lira su di me. Sapevo che non avrei dovuto deludere chi aveva deciso di darmi un posto. In gioco c'era la credibilità dello sport. Ho lavorato duro, giorno dopo giorno. E ho imparato a conoscere la gente di sport. Ho capito che siete una tribù che dà tanto ma che chiede anche tanto. Nello sport la fiducia la conquisti un passo alla volta e devi essere bravo a mantenerla. E' come camminare su una corda a trenta metri. I margini di errore sono minimi. Ne ho fatti, in questo tempo, ma insieme, come una squadra, abbiamo passato indenni anche momenti difficili, di restrizioni, quando il futuro non era immaginabile».

Valentina Torrini (welfare, sociale, accoglienza, pari opportunità), la sua lettera la indirizza a don Renzo Fanfani. «Da lui, penso, sia iniziato tutto», dice nel motivare la scelta del destinatario. «Caro Renzo, il tuo arrivo ad Avane rappresentò una rivoluzione culturale e sociale. Una delle prime funzioni fu il funerale di nonno Carlo. Se ne parlò per mesi. Ero bambina e ancora oggi vedo le tante bandiere rosse in fondo al corteo funebre che dalla chiesa andava al Cimitero. Pochi lo avrebbero permesso: avevo 8 anni. Capii che le persone potevano stare insieme all'interno di una comunità chiamata partito. Dopo la cresima ci accompagnasti in Comune, dove il sindaco di allora, Varis Rossi ci consegnò la Costituzione. Che emozione. Quei banchi mi sembravano altissimi e imponenti, quella sala era il luogo più importante in cui avevo messo piedi. Capii in quel momento che lì avrei passato molto tempo. Sono sicura che avresti sostenuto la mia decisione di partecipare a questa amministrazione che ha saputo spendere nel sociale e nella scuola, energie. E senza mai fermarsi all'oggi: dalle mascherine distribuite per il Covid, ai buoni spesa, alla nascita dell'Emporio solidale. Abbiamo dato centralità alla povertà. Oggi la piazza in cui lottavi contro il degrado è un luogo di sport per tutti, di incontro e di socializzazione. È l'immagine di come abbiamo amministrato la città, mettendo al centro le persone».
«Cara mamma» è l'attacco della lettera che ha scritto idealmente Adolfo Bellucci, assessore alle manutenzioni, per raccontare i lavori fatti. «Ma anche quelli non fatti», aggiunge con la voce che esce a fatica dall'emozione. «Mamma senti che ti racconto. Ci crederesti? Assessore alle manutenzioni. Ho imparato a conoscere Empoli palmo a palmo, campo per campo, stradello per stradello. Una mappa della città fatta di fango d'inverno, polvere d'estate e pantaloni da rammendare, mamma». Racconta, Adolfo, il suo percorso professionale, da impiegato d'ordine-dattilografo all'Ufficio centrale dei consorzi idraulici («ho ricordato le tue parole, una sera, davanti alla televisione che dava La spada nella roccia, mi dicesti: guarda Adolfo, guarda come si impegna Semola a lucidare l'armatura di casa. Le cose bisogna farle con passione, anche le più umili»).
E quelle del suo primo capo, Vinicio Naldi: «Mi prese da una parte il primo giorno di lavoro e mi disse: ragazzo, questo è un lavoro umile, ma ti può dare tante soddisfazioni». Quelle soddisfazioni Adolfo le ha conosciute nel «lavorare nella mia città, risolvere tanti piccoli problemi, curare un territori fragile ma bellissimo. Valori che ho portato con me nella giunta Barnini. Assessore alla Manutenzione, scandiva Brenda, assessore alle beghe, risposi di getto. E che beghe: 12 cimiteri, 33 scuole, 55 tra parchi e giardini, 140 chilometri di strade decine di edifici pubblici. E per ognuno di questi problemi, lamentele e aspettative. Non è un lavoro da applausi, ma che soddisfazione quando quel cittadino che ti ha chiamato per risolvere un problema, alla fine si lascia scappare un “oh, ora sì”».

Alessio Mantellassi
, presidente del consiglio comunale con delega alla memoria, ha indirizzato la sua lettera a Martina. Una bambina empolese immaginaria alla quale spiegare l'importanza della memoria. «Perché ha senso oggi parlare di memoria? Perché le politiche della memoria sono rivolte a coloro che nasceranno. Alle nuove generazioni. Cara Martina, voglio raccontarti quel che abbiamo fatto in questi anni sulla memoria storica. Qui a Empoli abbiamo avuto ferite grandi, un bombardamento, una strage di 29 persone, la deportazione di oltre cento persone. Abbiamo utilizzato queste ferite e questo dolore non per odiare ma per costruire, provare a costruire un mondo nuovo di pace. Con investire in democrazia abbiamo raccontato la nostra storia a generazioni di empolesi. Quel progetto ora guarda anche al futuro, perché tu possa essere partecipe nella costruzione di un mondo di pace. Parliamo di ambiente, perché vogliamo lasciarti un mondo più pulito e sostenibile». Mantellassi racconta a Martina i gemellaggi, i viaggi della memoria («abbiamo raddoppiato gli investimenti sulla memoria: 2500 studenti ogni anno, 13mila in cinque anni vanno a visitare i campi di sterminio dove furono deportati i giovani empolesi»).
« Se sono qui è perché ho fatto il viaggio della memoria. Sauro Cappelli, che ci accompagnava, mi disse: la democrazia va mantenuta, dandosi da fare. E' stata un a conquista faticosa».

Giulia Terreni (cultura, turismo, tradizioni popolari, qualità della vita e creatività). «”Cocca non ti sposare, mi raccomando, non sei il tipo. Sei particolare, sei ribelle. E ricorda, non fare mai politica, lasciala perdere”. Sono le raccomandazioni che mi faceva nonno fin da ragazzina».
E' al nonno Gino, pittore, scultore, artista che Giulia indirizza il suo messaggio. «Oggi caro nonno, la prima promessa, per ora, l'ho mantenuta. La seconda invece, non sono riuscito a darti retta. Ma forse tu l'avevi capito, che sarebbe andata così: riuscivi a leggere le cose e le persone prima di tutti. Spesso, durante questo incarico da assessore mi sono ritrovata a riflettere: chissà cosa avrebbe fatto nonno. Sapevi risolvere qualsiasi problema. Una dote. Da te ho ereditato quell'amore smisurato verso la città verso la comunità, la passione per l'arte, la campagna, la natura, le tradizioni storiche e la storia. Nel 2019 quando mi candidai nella lista civica Questa è Empoli, avevo un unico scopo: portare contributo alla città. Mai avrei pensato di diventare assessora. Ricordo benissimo il luogo, il momento, cosa stavo bevendo, le musica di sottofondo quando Brenda mi chiamò. Rimasi letteralmente spiazzata. Ho ricoperto un ruolo che mi ha lasciato molto, che mi ha permesso di conoscere, capire, incontrare persone. Spero in qualche modo di aver lasciato anche io un piccolo segno. E' stata per me una vera missione, mi sono messa in discussione tante volte». Ringrazia i direttori dei punti di riferimento della cultura empolese, chiamandoli per nome: Carlo (Ghilli, direttore della Biblioteca Renato Fucini), Lorenzo (Ancillotti, alla guida del Centro musicale Ferruccio Busoni), Cristina (Gelli, direttrice dei musei empolesi), Renzo (Boldrini, direttore del festival Leggenda e anima delle attività teatrali sul territorio).

Antonio Ponzo Pellegrini (commercio, smart city) racconta la sua storia personale al padre, che ha perso troppo presto, alla madre ma anche ai figli.
«C'è un pezzo del libro Siddartha, in cui c'è un riflesso non banale: il figlio che si riflette sul fiume rivede se stesso e il volto del padre. Una relazione tra quello che è e quello che è stato. Quello che dico lo indirizzo ai miei genitori e ai miei figli».
Ricorda com'è iniziata dieci anni fa, l'avventura al fianco di Brenda Barnini. «Mi disse: Mi hai parlato così tanto delle smart city che ora me la fai a Empoli. Ti darei anche la delega al commercio. Pensai: Brenda non mi fai un gran favore. All'epoca in centro c'erano più di 50 fondi sfitti. Ci ho messo volontà, tenacia».
Fa un passo indietro di tren'anni. «Persi mio padre, era un noto imprenditore della zona, lucano. Ci fu la chiusura dell'azienda, un tracollo anche economico. Non bastò: delle persone di questa città mi pugnalarono alle spalle, avevo 25 anni, ero disarmato. Fu un momento particolare. Ci fu un teorema da parte di una persona che mi complicò una vita. Subii tre processi, durati 4 anni, dai quali sono uscito assolto, perché il fatto non sussiste. A quel'epoca dissi a me stesso: non tornerò più a Empoli. Ma i casi della vita mi hanno riportato qui. Così, invece di lamentarmi, ho pensato che sarebbe stato giusto portare delle idee per i iei figli per il futuro. Avvicinai Brenda attraverso i social, gli raccontai le mie idee… Partì tutto grazie alla sua curiosità e all'umiltà ad ascoltare quel che avevo da raccontare».
Di questo percorso da amministratore, racconta tre ricordi: «Il Natale, che ha portato la città alla ribalta, una città piena di persone; la vicenda dello scivolo enorme messo in piazza della Vittoria, montato per un equivoco e, fortunatamente subito risolto. E l'incidente che mi aveva messo fuori causa alla vigilia della campagna elettorale delle precedenti elezioni: chiesi le dimissioni anticipate dall'ospedale per poter essere presente». Poi svela:«Una delle cose che mi porterò nel cuore sono i matrimoni, quelli che ho celebrato. Riuscivo a conoscere le storie delle persone che avevo davanti, ad approfondire, ad avere un contatto diretto del loro incontro, della loro unione».
Quella di Massimo Marconcini (ambiente, agricoltura, protezione civile) è una dichiarazione d'amore per la sua città. E la indirizza a Guido ed Emilia. Il conte Guidi e la Contessa sua moglie. A loro, anzi a lei, si deve la nascita di Empoli nel 1119.
«Vede Contessa, una canzone dei miei tempi, dedicata a una sua pari rango (Contessa, di Paolo Pietrangeli, ndr) ha influenzato molto la mia formazione politica, bagaglio con cui mi sono trovato ad amministrare la nostra città. Felice di aver visto crescere la città: qui più che altrove il contadino e l'operaio hanno davvero visto la figlia o il figlio diventar dottore. Un premio rivolto al suo nome valorizza ogni anno donne che hanno fatto o stanno facendo del bene».
Sottolinea il ruolo che Empoli sa assegnare alle donne. Parla di piazze: quelle rifatte (Piazza XXIV luglio), quelle che hanno dato il “la” ad eventi: «Nel 2019 la culla del nostro centro (piazza Farinata, ndr.) fu invasa d'acqua. E' per questo che durante il secondo mandato abbiamo lavorato al meglio per organizzare la protezione civile».
Parla della città da accudire: «Abbiamo messo a dimora tanti alberi, oltre a migliorarci nella manutenzione degli stessi e del verde, del quale siamo ricchissimi. Per essere certi che nessuno ne possa venir meno, assieme a dotti in materia abbiamo stipulato un patto, il patto del Verde».
Chiude il vicesindaco Fabio Barsottini che parte da un ricordo dell'infanzia, dedicando le sue parole a tutte le persone conosciute in questi percorso da amministratore. «Ero un bambino delle elementari, andai con mio padre allo stadio. Durante la partita sgranocchiavamo semi di zucca, alla fine quando ci alzammo, ai suoi piedi c'erano le bucce, sotto i miei no, li avevo raccolti nella carta e gettati in un cestino. Credo, in quell'occasione, di aver fatto politica per la prima volta…. Fu naturale, spontaneo. E fu da stimolo per mio padre, che guardò stupito il mio gesto, per prendersi cura del mondo che viviamo».
Alle medie scoprì la passione per l'ecologia. «Una passione che curo ancora oggi. Ebbi uno smarrimento quando scoprii gli effetti dello scorretto smaltimento degli oli esausti. Presi informazione sui sistemi di raccolta e mi resi conto che potevamo fare meglio. A quel punto che con mia madre, condividemmo l'idea di raccontarlo ai vicini di casa, ai clienti del suo negozio, agli amici più cari, l'importanza di raccogliere gli oli esausti. Io e lei li avremmo raccolti e portati al centro di smaltimento». E' la scoperta della consapevolezza e della forza d'agire per cambiare il mondo. «Dieci anni dopo, da assessore all'ambiente, ho avuto la possibilità di contribuire ad allargare la raccolta differenziata. Si realizzava il sogno di quel ragazzo sognatore».
A 21 anni era assessore («non semplice ma bellissimo. Con tanti momenti di gioia ma anche di sofferenza e preoccupazione. Di soddisfazione e anche delusioni»), tra i tanti momenti che sottolinea Barsottini, c'è un pensiero per Franco Mori, per i lunghi dialoghi fatti, nel periodo del Covid con Giacomo Bini. A lui, Giacomo, va, nel corso della serata anche il ringraziamento della sindaca Brenda Barnini. Non ha avuto una lettera da leggere, da indirizzare a qualcuno. Non è salito sul palco, sotto i riflettori, com'è sua abitudine. Ma dietro le quinte, la sua presenza, come capo di gabinetto, della sindaca e della sua squadra di giovani amministratori, c'è sempre.

Emilio Chiorazzo
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