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Quando Staino fu mandato a Empoli in punizione per colpa di un amore ..."sbagliato"

21-10-2023 16:08 - Cronaca
Addio Staino. Addio Bobo. Ci ha lasciati, a 83 anni, Sergio Staino, scrittore, regista, disegnatore, giornalista, ma soprattutto, il papà di Bobo, una sorta di alter ego dell'autore ma anche ritratto di una generazione sessantottina alle prese con le perplessità e i turbamenti prodotti dalle trasformazioni sociopolitiche del Paese. Bobo è un omone un po' calvo e con barbetta, vagamente somigliante a Umberto Eco, ovviamente comunista come impostazione ideologica ma di animo critico anche verso il suo partito di riferimento come la satira richiede, che spesso spiega alla figlia Ilaria la politica italiana, nei suoi scossoni e nei suoi misteri.

Il rapporto di Staino con Empoli è sempre stato molto solido. E arriva da lontano, negli anni Settanta: a Empoli Staino ha insegnato alle scuole medie, le Renato Fucini. A Empoli ha abitato nel periodo in cui stava nascendo il grande amore per Bruna. Anzi, a Empoli fu mandato, proprio per… colpa di questo amore.

Lo racconta lui stesso nel suo ultimo libro “Storia sentimentale del Pci” (Edizione Piemme) che ha avuto modo di presentare anche a Empoli, durante una serata molto partecipata al Palazzo delle Esposizioni.

L'INSEGNAMENTO. “Mi ero laureato l'anno prima in Architettura – scrive nel suo libro - e avevo cominciato a inserirmi nel settore dell'urbanistica con molto interesse anche grazie alla pubblicazione della mia tesi su una rivista chiamata «Ideologie» diretta da Ferruccio Rossilandi. Però, visto che eravamo in pochi e il compito di fare la rivoluzione in Italia era un compito immenso, alla prima riunione di partito mi fu subito detto di lasciar perdere il lavoro di libero professionista: «Siamo ancora in pochi e tu non puoi permetterti di perdere tempo a fare l'architetto e l'urbanista. Cercati un altro lavoro che ti permetta di avere tempo libero per impegnarti con il partito». All'epoca per uno che aveva la laurea non era difficile trovare lavoro nella scuola e fu così che andai a insegnare applicazioni tecniche nelle scuole medie inferiori, prima a Empoli e in seguito a Scandicci”.

L'AMORE VISSUTO A… EMPOLI. Scrive Staino. “Come spesso accade nei romanzi e nella vita reale sono proprio l'amore e la passione a farci cambiare strada per sempre. Nel mio caso mi ero innamorato di una compagna peruviana, Bruna, mia moglie ancora oggi e soprattutto madre di Ilaria e Michele, che era arrivata a Firenze per frequentare la facoltà di Scienze politiche. Prima di lei era arrivato a Firenze il suo futuro marito, di cui io divenni amico fraterno prima di conoscere lei. Entrambi diventarono membri dell'associazione che raccoglieva gli studenti marxisti-leninisti in Italia. Anche io però ero sposato con una compagna, anch'essa marxista-leninista, con la quale mi trovavo abbastanza bene fino a che non ho conosciuto l'altra. Per la prima volta provai un sentimento così forte e inarrestabile da mettere in forte crisi il comandamento marxista-leninista sull'indissolubilità del matrimonio. Per due anni ho resistito alla tentazione guardandomi bene dal dichiarare il mio amore e continuando a sognarla tutte le notti. Cercai in tutti i modi di non incontrarla, di non vederla e per far questo suggerii al Comitato Provinciale di spostarla dall'associazione Italia-Albania al comitato antifascista e antimperialista dove poteva svolgere un lavoro più adatto al suo futuro in Perù”.

Poi il destino ci mise lo zampino…

Attraverso il golpe di Pinochet in Cile – racconta Staino in “Storia sentimentale del Pci” - La morte di Allende convinse un gran numero di studenti latinoamericani in Italia ad avvicinarsi a noi. Erano tanti e il partito decise di individuare un compagno del comitato provinciale che potesse tenere i rapporti con loro. Il compagno che fu scelto ero io, proprio a causa del mio amore giovanile per Garcia Lorca e la lingua spagnola e il grande amore che mi era nato dentro per l'America Latina. Non potei rifiutarmi e mi ritrovai quindi seduto in cattedra davanti a circa duecento marxisti-leninisti sudamericani. In prima fila, ovviamente, la bellezza inaudita che mi aveva soggiogato l'anima e il cuore. Nel luglio del 1974 la mia moglie di allora partì come membro di una nostra delegazione in Cina e io rimasi solo. Per farla breve con Bruna finimmo emozionati e felici fra le coperte della mia casa rimasta deserta. La cosa non finì con il ritorno di mia moglie e neanche con la confessione che Bruna rese davanti a una specie di tribunale del popolo dei marxisti-leninisti sudamericani. Scoppiò uno scandalo e io venni nuovamente destituito dal Comitato Provinciale. Non sapevo più cosa fare, se rimettermi con mia moglie, se lasciarla e cercare di mettermi con Bruna. Chi mi tolse dall'imbarazzo furono incredibilmente e inconsciamente i compagni cinesi. Nei loro incontri ci avevano ripetutamente insegnato che quando ci trovavamo davanti a un problema insolubile dovevamo sforzarci di capire come avremmo visto questo problema nel futuro, tra venti, trenta o quarant'anni. Così feci e mi vidi proiettato nella sala di una casa del popolo giocando a carte con altri tre vecchi compagni e raccontando a loro l'incontro d'amore che avevo fatto nel 1974 e quanto ero stato scemo a farmela scappare. Sulla base di questa illuminazione Bruna e io ci mettemmo insieme fregandocene dei rispettivi coniugi e soprattutto del partito. Lei ne uscì immediatamente e io invece non trovai il coraggio e rimasi ancora dentro accettando la direttiva di spostarsi a Empoli per costruire e rafforzare i marxisti leninisti in quella zona. Chiesi il trasferimento in una scuola media di Empoli e prendemmo in affitto un piccolo appartamento nel centro di quella città”.

Pochi mesi dopo , scopre di diventare padre, a Empoli…

“Quasi subito, nel gennaio del 1975, Bruna rimase incinta. Io ero impazzito per la felicità, non potevo credere di stare a fianco della donna dei miei sogni e addirittura di avere un figlio da lei. Questa felicità durò abbastanza poco perché scoprimmo con enorme tristezza la vecchia legge italiana sul diritto di famiglia. In pratica essendo noi sposati con altre persone non avremmo potuto riconoscere la creatura che Bruna aveva in grembo. In base a quella legge il nascituro sarebbe risultato figlio del genitore che lo riconosceva e del coniuge di questi. In seguito il coniuge non veramente genitore doveva ricorrere al tribunale per attuare il disconoscimento e di conseguenza l'altro doveva percorrere una via legale analoga per riconoscerlo. Arrabbiati com'erano, i nostri due rispettivi coniugi non ci avrebbero mai permesso di fare con calma un'operazione simile.

In parlamento però era in discussione proprio quell'anno il nuovo diritto di famiglia che sanava questa assurda legge che derivava direttamente dal Medioevo quando i nobili in cerca di un erede maschio mettevano incinta una qualche contadinella e quel che nasceva, se era femmina sarebbe risultata figlia del contadino, se era maschio sarebbe risultato figlio della moglie del nobile. Per me e Bruna la legge in discussione era una legge benedetta e consideravamo una gran fortuna che venisse approvata proprio quando ne avevamo urgente bisogno.

Il partito però non la pensava così: la giudicò una legge troppo arretrata, soprattutto sul piano della differenza di genere e decise di boicottarla. Invano nelle riunioni implorai di ripensarci perché per il momento era un grande passo avanti e poi soprattutto a me salvava la vita. Fioccarono le irrevocabili accuse di gradualista, riformista e opportunista. Mi ritrovai con le lacrime agli occhi affiggendo nottetempo in tutta la zona tra Empoli e Fucecchio manifesti dal titolo «Una truffa chiamata nuovo diritto di famiglia» e mentre spennellavo alacremente colla liquida sui muri speravo dentro di me che nessuno li leggesse e soprattutto ci credesse.”

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