Multiutility, le divisioni interne in una chat del Partito democratico
30-08-2024 16:29 - Opinioni
di Pietro Spina
Dove l’acqua è pubblica le tariffe sono più basse. E’ quanto racconta un ottimo articolo, a firma Mario Neri, sull’edizione del quotidiano Il Tirreno di venerdì 30 agosto. Il dibattito sulla Multiutility e sulle modalità con la quale la società dei servizi, a conduzione pubblico-privata debba raccogliere i finanziamenti per assicurare gli investimenti è nel pieno del suo dibattito. Anche perché questo sarà uno dei temi centrali per la campagna elettorale delle prossime regionali, quelle dell’anno prossimo. E anche delle possibili alleanze che dovrebbero portare in Toscana, ma anche altrove in Italia, alla costituzione del cosiddetto “campo largo”. La proposta lanciata, in pieno clima estivo, dall’assessora regionale Alessandra Nardini, di lasciare il servizio idrico fuori dalla Multiutility dei servizi, ha infiammato la politica agostana, mettendo a nudo le posizioni delle varie correnti di pensiero anche all’interno del solo Partito Democratico.
Neri, nel suo articolo, ad esempio, racconta con dovizia di particolari, lo scambio di opinioni che, dal giorno della proposta Nardini, si è sviluppato all’interno di una chat di esponenti del Pd, tra favorevoli e contrari. Ci sono le posizioni di Giani e di Nardella, di Parrini e pure di chi la Regione l’ha guidata in passato, come Vannino Chiti. La decisione sull’acqua, se pubblica o gestita anche con l’ausilio dei privati, peserà davvero molto sul percorso che si farà da qui al prossimo rinnovo del consiglio regionale.
Ma torniamo all’acqua, solo per dare due numeri: a Empoli e nell’Empolese, che insieme all’area Pisana, vede il servizio idrico gestito da Acque Spa, la tariffa media annua che ogni famiglia paga per l’acqua si aggira sui 742 euro. Stessa cifra che pesa sulle famiglie fiorentine, dove il servizio è affidato a Publiacqua. In entrambe le aziende c’è un socio privato, lo stesso, Acea. In Toscana ci sono comuni che pagano anche di più, come Siena (810 euro) e aree che mantengono le loro bollette sotto i seicento euro: accade a Lucca e a Massa, dove l’acqua è gestita in maniera pubblica dall’azienda Gaia, il cui direttore generale, tra l’altro, è l’empolese Paolo Peruzzi.
Se allarghiamo l’orizzonte a tutto il paese, scopriamo che la Cap Holding, società interamente pubblica (gestita da 189 Comuni) che cura il ciclo dell’acqua a Milano e nella città metropolitana milanese, pratica le tariffe più basse di tutta Italia: 89 centesimi a metro cubo, rispetto alla media nazionale che è quasi doppia: 163 centesimi a metro cubo.
Ma allora, perché si insiste sulla privatizzazione dell’acqua? Secondo i fautori di questa idea, i capitali dei privati, porterebbero molti benefici: più finanze, quindi più investimenti; più efficienza, perché si ridurrebbero le perdite che oggi si aggirano tra il 40 e il 49 per cento, meno clientelismo e di conseguenza anche bollette meno care.
C’è un ulteriore aspetto che Mario Neri, nel suo servizio, mette in evidenza: per i privati entrare nella distribuzione dell’acqua, è un vero affare, perché per gli investimenti, come prevede la legge, potranno attingere direttamente dagli introiti che arrivano dalle bollette dei cittadini. E per loro – gli investitori – alla fine- non rimarrebbero che grossi margini di guadagno.
Neri, nel suo articolo, ad esempio, racconta con dovizia di particolari, lo scambio di opinioni che, dal giorno della proposta Nardini, si è sviluppato all’interno di una chat di esponenti del Pd, tra favorevoli e contrari. Ci sono le posizioni di Giani e di Nardella, di Parrini e pure di chi la Regione l’ha guidata in passato, come Vannino Chiti. La decisione sull’acqua, se pubblica o gestita anche con l’ausilio dei privati, peserà davvero molto sul percorso che si farà da qui al prossimo rinnovo del consiglio regionale.
Ma torniamo all’acqua, solo per dare due numeri: a Empoli e nell’Empolese, che insieme all’area Pisana, vede il servizio idrico gestito da Acque Spa, la tariffa media annua che ogni famiglia paga per l’acqua si aggira sui 742 euro. Stessa cifra che pesa sulle famiglie fiorentine, dove il servizio è affidato a Publiacqua. In entrambe le aziende c’è un socio privato, lo stesso, Acea. In Toscana ci sono comuni che pagano anche di più, come Siena (810 euro) e aree che mantengono le loro bollette sotto i seicento euro: accade a Lucca e a Massa, dove l’acqua è gestita in maniera pubblica dall’azienda Gaia, il cui direttore generale, tra l’altro, è l’empolese Paolo Peruzzi.
Se allarghiamo l’orizzonte a tutto il paese, scopriamo che la Cap Holding, società interamente pubblica (gestita da 189 Comuni) che cura il ciclo dell’acqua a Milano e nella città metropolitana milanese, pratica le tariffe più basse di tutta Italia: 89 centesimi a metro cubo, rispetto alla media nazionale che è quasi doppia: 163 centesimi a metro cubo.
Ma allora, perché si insiste sulla privatizzazione dell’acqua? Secondo i fautori di questa idea, i capitali dei privati, porterebbero molti benefici: più finanze, quindi più investimenti; più efficienza, perché si ridurrebbero le perdite che oggi si aggirano tra il 40 e il 49 per cento, meno clientelismo e di conseguenza anche bollette meno care.
C’è un ulteriore aspetto che Mario Neri, nel suo servizio, mette in evidenza: per i privati entrare nella distribuzione dell’acqua, è un vero affare, perché per gli investimenti, come prevede la legge, potranno attingere direttamente dagli introiti che arrivano dalle bollette dei cittadini. E per loro – gli investitori – alla fine- non rimarrebbero che grossi margini di guadagno.