La sera delle emozioni: Barnini si racconta tra aneddoti e citazioni
22-03-2024 12:50 - Politica
E' il festival delle emozioni. Chi non lo avesse intuito fin dalle prime note della musica che annuncia l'inizio della serata – uno struggente pianoforte, Emotional piano di Olexandr Ignatov – lo capisce dalle voci strozzate, dalle parole che escono a fatica, anche quando il canovaccio lo hanno tutti, lì, scritto sotto i loro occhi. E lo sottolinea per prima lei, la sindaca, Brenda Barnini quando, salita sul palco, ancor prima di salutare la sala del Palazzo delle Esposizioni gremita, si libera della tensione con un sospirone e confessa: “E' difficile, stasera è difficile”.
Comincia così la presentazione del bilancio di fine mandato che, per la sindaca è anche il saluto, da prima cittadina, alla sua Empoli. Lascerà il posto al suo successore, ma intanto ha deciso di raccontare, in una serata, il cammino che si lascia alle spalle, il lavoro svolto e portato a compimento, quello avviato e che resta da completare, quello che è solo alla fase iniziale del percorso di realizzazione, le idee che hanno mosso questi ultimi cinque anni di amministrazione. Ma non è solo una questione di numeri. Quelli la giunta li ha racchiusi in una pubblicazione e in un sito web. Li ha resi fruibili a chiunque, non solo alla Corte dei Coti che, per legge, ne è la destinataria. Su quel palco al Palazzo delle Esposizioni, salgono fatti e storie, sensazioni, come dicevamo, emozioni. Perché, per dirla con le parole di Barnini: «Vogliamo raccontare cosa c'è dietro a quel che abbiamo ideato e realizzato per la nostra città, perché per raggiungere degli obiettivi occorre mettere in gioco anche dei sentimenti».
Che ognuno dei componenti cerca di raccontare attraverso la propria di storie. La sindaca comincia dalle origini. La prima immagine che scorre è quella di Brenda Barnini bambina. «AI tempi della scuola dell'infanzia. Ero una bambina timida – racconta – ho iniziato a parlare molto tardi, questo ha inciso nella formazione del mio carattere. Non mi mascheravo neppure per carnevale perché non volevo farmi vedere dagli altri bambini. Se avessero detto a quella bambina che da grande, una sera, si sarebbe trovata su un palco a raccontare la sua storia, non ci avrebbe creduto. Perché vi dico questo? Perché questo racchiude due messaggi: il primo è che anche le sfide più grandi si possono affrontare. Il secondo è che in tutti questi anni non ho mai avuto la voglia di visibilità, mai il desiderio di “essere” la sindaca, ma la spinta di provare a fare qualcosa per la mia comunità».
La platea è stracolma e attenta. Nelle prime file ci sono colleghi, politici e amici che hanno voluto condividere con lei questo bilancio di fine percorso: c'è Dario Nardella sindaco di Firenze e della Città Metropolitana, Enrico Sostegni, consigliere regionale, ci sono il senatore Dario Parrini, il presidente del consiglio regionale Antonio Mazzeo e il presidente della Regione Eugenio Giani, c'è Sandro Fallani, il sindaco di Scandicci, Giuseppe Torchia, di Vinci.
Brenda snocciola le parole chiave del lavoro svolto dalla sua giunta e che formano, come in un acronimo, la parola Empoli. Cominciando da “e” come… ecologista, per finire alla “i” di inclusiva.
Anzi no, parte dalle radici, dall'anima – che poi è la storia – di questa città. Parte da una foto che racchiude alcuni testimoni ma anche protagonisti di questa storia: Dario Del Sordo, Sauro Cappelli, tanto per citarne alcuni. «Li abbiamo dovuti salutare tutti in questi anni – prosegue Brenda Barnini – ma i loro valori, l'antifascismo, la democrazia, la libertà li abbiamo messi nelle scelte che abbiamo fatto. A maggior ragione in una stagione di emergenze: sanitaria, sociale, ambientale, economica».
Cita Antonio De Caro, il sindaco di Bari, vittima di un attacco politico alla sua persona e alla sua città. Parla dei conflitti in atto, di pace come bene primario e imprescindibile. Di accoglienza. «Governare in questo tempo è difficile – dice – Non ci sono ricette magiche, le nostre città sono diventate organismi complessi. Non era mai successo prima che in pochi chilometri quadrati convivessero tante persone diverse tra loro, per lingua, professioni, età, religioni, culture. Quante domande diverse sono racchiuse in una comunità: Empoli ha il 18% di stranieri». La strada che indica la sindaca è quella del dialogo. Cita don Guido Engel e l'accoglienza di un centro di cultura islamica in città; l'appuntamento del 2 giugno quando a ogni nuovo cittadino empolese viene consegnata copia della Costituzione.
E' una questione di scelte. Anche per amministrare, sono importanti le scelte. Cita due libri per spiegare che ci sono due modi per amministrare la questione. «Uno è Da oggi comando io, che racconta la storia di un tasso che una mattina si sveglia e decide che tutti gli animali devono diventare come lui: chiede all'orso di scavare una tana, a una puzzola di non puzzare, all'alce di fare una buca. Alla fine resta solo: nessuno passa l'esame di tassitudine. C'è un altro libro che racconta una via diversa per stare insieme nella diversità: Il Chebicché di Lucia Mostardini, dove uno squalo che impara a conoscere le proprie emozioni, incontra tanti animali diversi e capisce che quella diversità aiuta a convivere. Ecco, questa è la strada che piace a noi».
Tra citazioni e aneddoti affronta ogni tema. «Dopo la Pandemia, grazie al Pnrr abbiamo potuto pensare a rigenerare alcuni luoghi della città. Nel Pnrr abbiamo provato a mettere un'idea di città: progetti e ambizioni. Chi non ne ha, non ha futuro. Questa è stata un ossessione, è diventato un mantra in questi mesi».
Racconta le opere realizzate per rendere la città più ecologica (sostituzioni dei lampioni, piste ciclabili, nuovi sistemi di mobilità, efficienza energetica nelle scuole, Patto del verde, (prima volta pianificazione), investimenti fatti e da fare di difesa del rischi idraulico.
Sottolinea che la decrescita felice, per anni una infatuazione della politica e dei politici, non può essere un obiettivo. «Gli esseri umani hanno bisogno di continuare a vivere, devono lavorare, ci devono essere delle imprese. La città è da sempre una città delle imprese e del lavoro. Insieme. Se non ci fossero non esisterebbe la coesione sociale, non esisterebbero i servizi. E' possibile tenere insieme sviluppo e sostenibilità ambientale? Certo. Abbiamo fatto un piano intercomunale, sofferto ma portato a compimento, non c'era mai stato. Diamo nuove opportunità alle imprese che ci sono e quelle che vorranno venire. La transizione è una scelta che va accompagnata».
Poi passa alla scuola. «Abbiamo dato il massimo . Mai speso così tanto come in questi dieci anni per la cultura della città. Dentro la trasformazione di Empoli, abbiamo provato a fare di Empoli la città dei bambini e delle bambine. Vogliamo essere città dei giovani, per questo abbiamo investito sulla biblioteca, puntato sulla rigenerazione dell'ex ospedale San Giuseppe. Investimenti che non servono solo a strappare al degrado migliaia di metri quadri di bene pubblico ma servono a tenere insieme la terza grande transizione che è quella demografica».
Racconta che grazie alle lezioni del suo professore Massimo Livi Bacci ha imparato a osservare la realtà con gli occhi della popolazione, «come cambia, cresce e invecchia. Una città che non si pone l'obiettivo attraverso servizi qualificati è destinata a non essere scelta dai giovani, ma rimarrà indietro. Dare funzioni a quegli immobili serve per attrarre e far vivere bene la fascia di popolazione attiva, che lavora, senza la quale neppure l'altra fascia di popolazione può vivere bene».
E' il Brenda-pensiero. Ma la sindaca affronta ogni questione. O quasi. A cominciare da quelle che hanno generato discussioni, in città.
«Il teatro? Poteva sembrare una idea folle. La città non ne ha uno, civico, dal 1944, quando quello esistente, fu distrutto dai bombardamenti nazifascisti. Nel 2019 abbiamo detto: ci vogliamo riprovare, poi è arrivato il Covid, la speranza si è attenuata. Grazie ai cittadini ci abbiamo creduto, abbiamo sviluppato un progetto e grazie ai fondi del Pnrr sarà realtà. A giugno partono i lavori. Il teatro è il luogo delle storie. Il luogo dove le tre dimensioni- reale, immaginario e simbolico, che fanno parte della nostra vita, si mettono insieme. Fanno pace. A teatro ci devi andare, non è on demand, non te lo godi dal divano di casa, ti devi contaminare con gli altri».
Risponde anche a chi ha criticato la scelta, proponendo soluzioni diverse. «La risposta non è nel bilancio del Comune ma nel senso politico della scelta. Il teatro è un pezzo di coesione sociale. La cultura non è intrattenimento ma coesione sociale. Sarà il luogo in cui i giovani potranno uscire almeno un po' dal loro isolamento digitale, può essere anche un luogo di cura per i malati di Alzehiemer, il teatro ha questa funzione. Un luogo di comunità. Un luogo di emozioni. Creare luoghi sfidanti per la vita della città significa far succedere l'imprevedibile. Scuola e cultura sono i punti principali su cui lavorare, così daremo un futuro alle nostre comunità».
Parla delle lucine. «E' il modo tutto empolese per indicare la città del Natale. E' una delle più grande operazione di marketing che abbiamo fatto in Toscana. Molti comuni ci chiedono come fare. E' grazie alle lucine se le attività commerciali siano ripartite. Una delle cifre della nostra amministrazione è stata quello di far lavorare insieme pubblico e privati. Quando l'amministrazione pubblica sa quali sono i suoi doveri non ha paura a confrontarsi e a lavorare con nessuno. Lo fa nell'interesse pubblico».
Le infrastrutture. «Realizzare le infrastrutture significa migliorare la vita dei cittadini. Questa città ha bisogno di risolvere i suoi problemi infrastrutturale».
Empoli, sottolinea Barnini ha una caratteristica: è un enorme laboratorio di civismo. La quantità di associazioni, imprese sociali, volontariato, terzo settore, ha pochi eguali. «Chiudere il mandato sapendo che abbiamo progettato il nuovo campo di atletica che, sarà intitolato a Dario Del Sordo mi rende felice».
Accende i riflettori su opere che stanno alla base dell'inclusività della città: la casa della salute, il condominio sociale in centro, la Rems al Pozzale dove c'era l'immobile vuoto e inutilizzato dell'ex carcere. «I ragazzi ospiti escono, li incontriamo, c'è un progetto di agricoltura sociale. Senza la paura di guardare al mondo quante opportunità si creano».
Sottolinea l'orgoglio di avere, come giunta finanziato il cento per cento dell' assistenza socio educativa. Il sostegno, per intenderci. «Non succede ovunque, non è obbligatorio, dice la sindaca. Lo faremo ancora».
Prende a prestito Pericle («A Empoli si fa così…): è la lettera di Brenda Barnini agli empolesi che si augura che si continui a fare così. Chiude la prima parte citando Pessoa. «Di tutto restano tre cose: la certezza che stiamo sempre iniziando, la certezza che abbiamo bisogno di continuare, la certezza che saremo interrotti prima di finire. Pertanto dobbiamo fare dell'interruzione un nuovo cammino, della caduta un passo di danza, della paura una scala, del sogno un ponte, del bisogno un incontro. Prima di passare la parola ai suoi assessori che, ad uno a uno raccontano la storia personale che si intreccia con questi ultimi cinque anni di governo della città interviene il presidente Eugenio Giani che, da quando ha lo scettro della Regione, non ha fatto mancare la sua presenza ogni volta che Empoli ha inaugurato una pagina nuova del suo cammino. D'altra parte, non fa mistero, di essere nato proprio qui, al San Giuseppe che oggi sta cambiando pelle.
Poi i saluti finali della sindaca. E la voce torna a essere rotta dalle emozioni. La dedica finale è per i suoi figli. A loro dedica la sua lettera personale: «Il futuro è uno stato d'animo. IL regalo più grande che mi avete fatto è farmi trovare il futuro come un elemento positivo. A voi dedico l'impegno che abbiamo messo per la nostra città in questi anni. A voi e agli altri bambini». Tante idee sulla città diventate realtà sono partite proprio grazie a loro. Lo dice con un filo di voce, che a tratti si pezza, come all'inizio della serata. Ma stavolta non si nota troppo, perché scatta l'applauso di quanti hanno voluto esserle al fianco in questa serata.
Comincia così la presentazione del bilancio di fine mandato che, per la sindaca è anche il saluto, da prima cittadina, alla sua Empoli. Lascerà il posto al suo successore, ma intanto ha deciso di raccontare, in una serata, il cammino che si lascia alle spalle, il lavoro svolto e portato a compimento, quello avviato e che resta da completare, quello che è solo alla fase iniziale del percorso di realizzazione, le idee che hanno mosso questi ultimi cinque anni di amministrazione. Ma non è solo una questione di numeri. Quelli la giunta li ha racchiusi in una pubblicazione e in un sito web. Li ha resi fruibili a chiunque, non solo alla Corte dei Coti che, per legge, ne è la destinataria. Su quel palco al Palazzo delle Esposizioni, salgono fatti e storie, sensazioni, come dicevamo, emozioni. Perché, per dirla con le parole di Barnini: «Vogliamo raccontare cosa c'è dietro a quel che abbiamo ideato e realizzato per la nostra città, perché per raggiungere degli obiettivi occorre mettere in gioco anche dei sentimenti».
Che ognuno dei componenti cerca di raccontare attraverso la propria di storie. La sindaca comincia dalle origini. La prima immagine che scorre è quella di Brenda Barnini bambina. «AI tempi della scuola dell'infanzia. Ero una bambina timida – racconta – ho iniziato a parlare molto tardi, questo ha inciso nella formazione del mio carattere. Non mi mascheravo neppure per carnevale perché non volevo farmi vedere dagli altri bambini. Se avessero detto a quella bambina che da grande, una sera, si sarebbe trovata su un palco a raccontare la sua storia, non ci avrebbe creduto. Perché vi dico questo? Perché questo racchiude due messaggi: il primo è che anche le sfide più grandi si possono affrontare. Il secondo è che in tutti questi anni non ho mai avuto la voglia di visibilità, mai il desiderio di “essere” la sindaca, ma la spinta di provare a fare qualcosa per la mia comunità».
La platea è stracolma e attenta. Nelle prime file ci sono colleghi, politici e amici che hanno voluto condividere con lei questo bilancio di fine percorso: c'è Dario Nardella sindaco di Firenze e della Città Metropolitana, Enrico Sostegni, consigliere regionale, ci sono il senatore Dario Parrini, il presidente del consiglio regionale Antonio Mazzeo e il presidente della Regione Eugenio Giani, c'è Sandro Fallani, il sindaco di Scandicci, Giuseppe Torchia, di Vinci.
Brenda snocciola le parole chiave del lavoro svolto dalla sua giunta e che formano, come in un acronimo, la parola Empoli. Cominciando da “e” come… ecologista, per finire alla “i” di inclusiva.
Anzi no, parte dalle radici, dall'anima – che poi è la storia – di questa città. Parte da una foto che racchiude alcuni testimoni ma anche protagonisti di questa storia: Dario Del Sordo, Sauro Cappelli, tanto per citarne alcuni. «Li abbiamo dovuti salutare tutti in questi anni – prosegue Brenda Barnini – ma i loro valori, l'antifascismo, la democrazia, la libertà li abbiamo messi nelle scelte che abbiamo fatto. A maggior ragione in una stagione di emergenze: sanitaria, sociale, ambientale, economica».
Cita Antonio De Caro, il sindaco di Bari, vittima di un attacco politico alla sua persona e alla sua città. Parla dei conflitti in atto, di pace come bene primario e imprescindibile. Di accoglienza. «Governare in questo tempo è difficile – dice – Non ci sono ricette magiche, le nostre città sono diventate organismi complessi. Non era mai successo prima che in pochi chilometri quadrati convivessero tante persone diverse tra loro, per lingua, professioni, età, religioni, culture. Quante domande diverse sono racchiuse in una comunità: Empoli ha il 18% di stranieri». La strada che indica la sindaca è quella del dialogo. Cita don Guido Engel e l'accoglienza di un centro di cultura islamica in città; l'appuntamento del 2 giugno quando a ogni nuovo cittadino empolese viene consegnata copia della Costituzione.
E' una questione di scelte. Anche per amministrare, sono importanti le scelte. Cita due libri per spiegare che ci sono due modi per amministrare la questione. «Uno è Da oggi comando io, che racconta la storia di un tasso che una mattina si sveglia e decide che tutti gli animali devono diventare come lui: chiede all'orso di scavare una tana, a una puzzola di non puzzare, all'alce di fare una buca. Alla fine resta solo: nessuno passa l'esame di tassitudine. C'è un altro libro che racconta una via diversa per stare insieme nella diversità: Il Chebicché di Lucia Mostardini, dove uno squalo che impara a conoscere le proprie emozioni, incontra tanti animali diversi e capisce che quella diversità aiuta a convivere. Ecco, questa è la strada che piace a noi».
Tra citazioni e aneddoti affronta ogni tema. «Dopo la Pandemia, grazie al Pnrr abbiamo potuto pensare a rigenerare alcuni luoghi della città. Nel Pnrr abbiamo provato a mettere un'idea di città: progetti e ambizioni. Chi non ne ha, non ha futuro. Questa è stata un ossessione, è diventato un mantra in questi mesi».
Racconta le opere realizzate per rendere la città più ecologica (sostituzioni dei lampioni, piste ciclabili, nuovi sistemi di mobilità, efficienza energetica nelle scuole, Patto del verde, (prima volta pianificazione), investimenti fatti e da fare di difesa del rischi idraulico.
Sottolinea che la decrescita felice, per anni una infatuazione della politica e dei politici, non può essere un obiettivo. «Gli esseri umani hanno bisogno di continuare a vivere, devono lavorare, ci devono essere delle imprese. La città è da sempre una città delle imprese e del lavoro. Insieme. Se non ci fossero non esisterebbe la coesione sociale, non esisterebbero i servizi. E' possibile tenere insieme sviluppo e sostenibilità ambientale? Certo. Abbiamo fatto un piano intercomunale, sofferto ma portato a compimento, non c'era mai stato. Diamo nuove opportunità alle imprese che ci sono e quelle che vorranno venire. La transizione è una scelta che va accompagnata».
Poi passa alla scuola. «Abbiamo dato il massimo . Mai speso così tanto come in questi dieci anni per la cultura della città. Dentro la trasformazione di Empoli, abbiamo provato a fare di Empoli la città dei bambini e delle bambine. Vogliamo essere città dei giovani, per questo abbiamo investito sulla biblioteca, puntato sulla rigenerazione dell'ex ospedale San Giuseppe. Investimenti che non servono solo a strappare al degrado migliaia di metri quadri di bene pubblico ma servono a tenere insieme la terza grande transizione che è quella demografica».
Racconta che grazie alle lezioni del suo professore Massimo Livi Bacci ha imparato a osservare la realtà con gli occhi della popolazione, «come cambia, cresce e invecchia. Una città che non si pone l'obiettivo attraverso servizi qualificati è destinata a non essere scelta dai giovani, ma rimarrà indietro. Dare funzioni a quegli immobili serve per attrarre e far vivere bene la fascia di popolazione attiva, che lavora, senza la quale neppure l'altra fascia di popolazione può vivere bene».
E' il Brenda-pensiero. Ma la sindaca affronta ogni questione. O quasi. A cominciare da quelle che hanno generato discussioni, in città.
«Il teatro? Poteva sembrare una idea folle. La città non ne ha uno, civico, dal 1944, quando quello esistente, fu distrutto dai bombardamenti nazifascisti. Nel 2019 abbiamo detto: ci vogliamo riprovare, poi è arrivato il Covid, la speranza si è attenuata. Grazie ai cittadini ci abbiamo creduto, abbiamo sviluppato un progetto e grazie ai fondi del Pnrr sarà realtà. A giugno partono i lavori. Il teatro è il luogo delle storie. Il luogo dove le tre dimensioni- reale, immaginario e simbolico, che fanno parte della nostra vita, si mettono insieme. Fanno pace. A teatro ci devi andare, non è on demand, non te lo godi dal divano di casa, ti devi contaminare con gli altri».
Risponde anche a chi ha criticato la scelta, proponendo soluzioni diverse. «La risposta non è nel bilancio del Comune ma nel senso politico della scelta. Il teatro è un pezzo di coesione sociale. La cultura non è intrattenimento ma coesione sociale. Sarà il luogo in cui i giovani potranno uscire almeno un po' dal loro isolamento digitale, può essere anche un luogo di cura per i malati di Alzehiemer, il teatro ha questa funzione. Un luogo di comunità. Un luogo di emozioni. Creare luoghi sfidanti per la vita della città significa far succedere l'imprevedibile. Scuola e cultura sono i punti principali su cui lavorare, così daremo un futuro alle nostre comunità».
Parla delle lucine. «E' il modo tutto empolese per indicare la città del Natale. E' una delle più grande operazione di marketing che abbiamo fatto in Toscana. Molti comuni ci chiedono come fare. E' grazie alle lucine se le attività commerciali siano ripartite. Una delle cifre della nostra amministrazione è stata quello di far lavorare insieme pubblico e privati. Quando l'amministrazione pubblica sa quali sono i suoi doveri non ha paura a confrontarsi e a lavorare con nessuno. Lo fa nell'interesse pubblico».
Le infrastrutture. «Realizzare le infrastrutture significa migliorare la vita dei cittadini. Questa città ha bisogno di risolvere i suoi problemi infrastrutturale».
Empoli, sottolinea Barnini ha una caratteristica: è un enorme laboratorio di civismo. La quantità di associazioni, imprese sociali, volontariato, terzo settore, ha pochi eguali. «Chiudere il mandato sapendo che abbiamo progettato il nuovo campo di atletica che, sarà intitolato a Dario Del Sordo mi rende felice».
Accende i riflettori su opere che stanno alla base dell'inclusività della città: la casa della salute, il condominio sociale in centro, la Rems al Pozzale dove c'era l'immobile vuoto e inutilizzato dell'ex carcere. «I ragazzi ospiti escono, li incontriamo, c'è un progetto di agricoltura sociale. Senza la paura di guardare al mondo quante opportunità si creano».
Sottolinea l'orgoglio di avere, come giunta finanziato il cento per cento dell' assistenza socio educativa. Il sostegno, per intenderci. «Non succede ovunque, non è obbligatorio, dice la sindaca. Lo faremo ancora».
Prende a prestito Pericle («A Empoli si fa così…): è la lettera di Brenda Barnini agli empolesi che si augura che si continui a fare così. Chiude la prima parte citando Pessoa. «Di tutto restano tre cose: la certezza che stiamo sempre iniziando, la certezza che abbiamo bisogno di continuare, la certezza che saremo interrotti prima di finire. Pertanto dobbiamo fare dell'interruzione un nuovo cammino, della caduta un passo di danza, della paura una scala, del sogno un ponte, del bisogno un incontro. Prima di passare la parola ai suoi assessori che, ad uno a uno raccontano la storia personale che si intreccia con questi ultimi cinque anni di governo della città interviene il presidente Eugenio Giani che, da quando ha lo scettro della Regione, non ha fatto mancare la sua presenza ogni volta che Empoli ha inaugurato una pagina nuova del suo cammino. D'altra parte, non fa mistero, di essere nato proprio qui, al San Giuseppe che oggi sta cambiando pelle.
Poi i saluti finali della sindaca. E la voce torna a essere rotta dalle emozioni. La dedica finale è per i suoi figli. A loro dedica la sua lettera personale: «Il futuro è uno stato d'animo. IL regalo più grande che mi avete fatto è farmi trovare il futuro come un elemento positivo. A voi dedico l'impegno che abbiamo messo per la nostra città in questi anni. A voi e agli altri bambini». Tante idee sulla città diventate realtà sono partite proprio grazie a loro. Lo dice con un filo di voce, che a tratti si pezza, come all'inizio della serata. Ma stavolta non si nota troppo, perché scatta l'applauso di quanti hanno voluto esserle al fianco in questa serata.
Emilio Chiorazzo