'L'uomo e il mare': nel ricordo di una persona, a difesa della verità
10-07-2024 08:38 - Libridine
Non è solo un libro che racconta una storia tragica che tutti noi ricordiamo, ma un libro che fa riflettere anche sul malcostume e sulla disinformazione che in questo paese, in maniera purtroppo esponenziale, continuano a farla da padrone. ‘L'uomo ed il mare' che il piombinese Stefano Tamburini ha scritto per edizioni ‘Il foglio', si legge tutto d'un fiato. Appassiona, è scritto con uno stile che lo rende godibilissimo e nel quale emerge il suo amore non solo per la professione e per la sua città, ma anche per quello che è l'imperativo numero uno di un giornalista: cercare la verità e raccontarla ai lettori.
Al tempo, siamo nel 1989, non c'erano i social eppure il povero Luciano Costanzo, dilaniato da uno squalo mentre svolgeva un lavoro sotto al mare che tanto amava, fu dilaniato anche dalla disinformazione, dai soliti bene informati che conoscono sempre la verità, dai dietrologi che, senza aver mai messo piede a Piombino e forse nemmeno una volta in mare, lo uccisero due volte accusandolo di aver orchestrato una messa in scena per semplice interesse personale, inventando una grossa polizza sulla vita che questa messinscena gli avrebbe fatto intascare, arrivando addirittura a sporcarlo da morto con il soprannome ‘bomba', chiaro riferimento ad una pesca illegale in mare che lui non aveva mai praticato. Un tritacarne mediatico che anche al tempo funzionava benissimo, che scattava col solo obiettivo di difendere precisi interessi e che si chiuse quando tutto finì nelle aule di tribunale. Alla faccia di drammi familiari impossibili anche solo da immaginare. Un gioco a cui si prestarono anche firme importanti e volti televisivi noti, pronti ad andare a cercare fantasmi laddove non c'era nemmeno un filo di nebbia ed a gettare fango su una persona vittima di una morte così orrenda. “Lo stanno uccidendo una seconda volta - si legge – e questi morsi della menzogna, per quanto possa sembrare impossibile, sono anche peggio di quelli dello squalo. Perché lo squalo addenta la preda per mangiare, per sopravvivere. L'uomo no, l'uomo fa male con devastante cattiveria, spesso per stupidità, impreparazione e presunzione”.
In queste pagine Tamburini difende la verità ed il dolore indescrivibile del figlio che, sulla barca assieme ad un ingegnere amico di famiglia, vide il padre riemergere d'improvviso dal mare per chiedere disperatamente aiuto e finire poi mangiato da uno squalo che lo prese sul fianco. Un dolore che si allargò all'intera comunità che ben conosceva Luciano, che lo sapeva persona seria e che visse mesi infernali pensando a lui.
Tanti aneddoti arricchiscono le pagine, molti anche della vita di redazione che Tamburini descrive minuziosamente e nei quali, chi conosce il mestiere del cronista, si ritrova e legge con grande piacere e tanta nostalgia. Il tutto condito da una lauta mangiata di pesce in uno dei migliori ristoranti piombinesi, pagata da strafottenti inglesi in cerca di verità a cui, da buoni livornesi, i redattori del Tirreno fecero uno scherzetto niente male.
Nel messaggio che il libro dà ai lettori, si incastra perfettamente anche una prefazione originale che non parla solo delle pagine che seguiranno ma racconta un episodio sconosciuto al grande pubblico ma non a Stefano Tamburini che, anche su quello, lavorò con passione e serietà alla ricerca della verità. La firma è del produttore e regista Giangiacomo De Stefano il cui padre, un giornalista, si vide nascondere in auto della cocaina da un poliziotto per mettere fine ad un'inchiesta scomoda. “Con lo stesso coraggio e la stessa onestà professionale”, scrive De Stefano, l'allora capo-redattore del quotidiano ‘Il centro', Stefano Tamburini, cercò senza mai mollare una verità che, alla fine, grazie anche a questo, fu riconosciuta in sede giudiziaria, nero su bianco dallo stato italiano.
Un metodo di lavoro che si ritrova nella vicenda del povero Luciano Costanzo, pagine che lanciano al lettore un messaggio chiaro che i tempi attuali rendono ancora più importante: approfondire sempre le notizie, mai fermarsi alle apparenze e, soprattutto, rispettare i drammi umani e familiari. Se, davanti al fiume di notizie che ci inondano ogni giorno, accenderete un attimo il cervello e, senza fermarvi all'apparenza, cercherete una fonte attendibile dove trovare la verità, il libro avrà centrato il suo obiettivo. Oltre a quello, ampiamente raggiunto, di onorare la memoria di Luciano Costanzo, un giovane padre di famiglia che morì in modo atroce nel mare che tanto amava.
Al tempo, siamo nel 1989, non c'erano i social eppure il povero Luciano Costanzo, dilaniato da uno squalo mentre svolgeva un lavoro sotto al mare che tanto amava, fu dilaniato anche dalla disinformazione, dai soliti bene informati che conoscono sempre la verità, dai dietrologi che, senza aver mai messo piede a Piombino e forse nemmeno una volta in mare, lo uccisero due volte accusandolo di aver orchestrato una messa in scena per semplice interesse personale, inventando una grossa polizza sulla vita che questa messinscena gli avrebbe fatto intascare, arrivando addirittura a sporcarlo da morto con il soprannome ‘bomba', chiaro riferimento ad una pesca illegale in mare che lui non aveva mai praticato. Un tritacarne mediatico che anche al tempo funzionava benissimo, che scattava col solo obiettivo di difendere precisi interessi e che si chiuse quando tutto finì nelle aule di tribunale. Alla faccia di drammi familiari impossibili anche solo da immaginare. Un gioco a cui si prestarono anche firme importanti e volti televisivi noti, pronti ad andare a cercare fantasmi laddove non c'era nemmeno un filo di nebbia ed a gettare fango su una persona vittima di una morte così orrenda. “Lo stanno uccidendo una seconda volta - si legge – e questi morsi della menzogna, per quanto possa sembrare impossibile, sono anche peggio di quelli dello squalo. Perché lo squalo addenta la preda per mangiare, per sopravvivere. L'uomo no, l'uomo fa male con devastante cattiveria, spesso per stupidità, impreparazione e presunzione”.
In queste pagine Tamburini difende la verità ed il dolore indescrivibile del figlio che, sulla barca assieme ad un ingegnere amico di famiglia, vide il padre riemergere d'improvviso dal mare per chiedere disperatamente aiuto e finire poi mangiato da uno squalo che lo prese sul fianco. Un dolore che si allargò all'intera comunità che ben conosceva Luciano, che lo sapeva persona seria e che visse mesi infernali pensando a lui.
Tanti aneddoti arricchiscono le pagine, molti anche della vita di redazione che Tamburini descrive minuziosamente e nei quali, chi conosce il mestiere del cronista, si ritrova e legge con grande piacere e tanta nostalgia. Il tutto condito da una lauta mangiata di pesce in uno dei migliori ristoranti piombinesi, pagata da strafottenti inglesi in cerca di verità a cui, da buoni livornesi, i redattori del Tirreno fecero uno scherzetto niente male.
Nel messaggio che il libro dà ai lettori, si incastra perfettamente anche una prefazione originale che non parla solo delle pagine che seguiranno ma racconta un episodio sconosciuto al grande pubblico ma non a Stefano Tamburini che, anche su quello, lavorò con passione e serietà alla ricerca della verità. La firma è del produttore e regista Giangiacomo De Stefano il cui padre, un giornalista, si vide nascondere in auto della cocaina da un poliziotto per mettere fine ad un'inchiesta scomoda. “Con lo stesso coraggio e la stessa onestà professionale”, scrive De Stefano, l'allora capo-redattore del quotidiano ‘Il centro', Stefano Tamburini, cercò senza mai mollare una verità che, alla fine, grazie anche a questo, fu riconosciuta in sede giudiziaria, nero su bianco dallo stato italiano.
Un metodo di lavoro che si ritrova nella vicenda del povero Luciano Costanzo, pagine che lanciano al lettore un messaggio chiaro che i tempi attuali rendono ancora più importante: approfondire sempre le notizie, mai fermarsi alle apparenze e, soprattutto, rispettare i drammi umani e familiari. Se, davanti al fiume di notizie che ci inondano ogni giorno, accenderete un attimo il cervello e, senza fermarvi all'apparenza, cercherete una fonte attendibile dove trovare la verità, il libro avrà centrato il suo obiettivo. Oltre a quello, ampiamente raggiunto, di onorare la memoria di Luciano Costanzo, un giovane padre di famiglia che morì in modo atroce nel mare che tanto amava.
Marco Mainardi