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E il tricolore di piazza della Vittoria diventa un palo elettrico

28-11-2023 22:38 - Opinioni
di Franco Pescali

Premetto che quando l’ho visto non credevo a miei occhi; il pennone della bandiera italiana davanti al monumento dei caduti in Piazza della Vittoria, trasformato in un palo per reggere un cavo elettrico con relative fascette e proiettore luminoso per le decorazioni natalizie. Non vorrei cadere nella retorica dell’amor patrio, del rispetto per la memoria dei giovani caduti nelle guerre, ma questo gesto dimostra una mancanza della minima grammatica istituzionale.

Lo stesso gesto sarebbe passato sotto silenzio se ad un crocefisso fosse stata montata una luce sulla croce? E cosa diremmo se visitando al cimitero la tomba di un nostro caro trovassimo un simile sfregio? Eppure di persone e di autorità in questi giorni ne sono passate. Possibile che tra senatori, presidenti di regione, sindaci attuali e futuri candidati, membri dell’opposizione pronti a criticare le “lucine” nessuno abbia notato questa caduta di stile?

Come ci ha insegnato un grande Presidente della Repubblica come Carlo Azeglio Ciampi, non possiamo sentirtici italiani e sventolare il tricolore solo quando vince la nazionale di calcio, ma la nostra identità di cittadini italiani ed Europei deve essere un sentimento che si esprime anche nei piccoli gesti, nel rispetto quotidiano di certi luoghi e di certi simboli. Ma secondo voi in Francia in Inghilterra, negli Stati Uniti ma addirittura in Cina sarebbe stato possibile una cosa del genere? Io penso davvero di no.

La mia segnalazione non vuole essere una polemica contro qualcuno, ma solamente di stimolo a ri-pensare ad un grammatica laica sui valori sui gesti sui luoghi e sugli ideali della nostra Repubblica, che non può essere ricordata, spesso con retorica solo per le feste canoniche (25 aprile-4 novembre) ma che deve rinnovarsi anno per anno, trovando nuovi linguaggi e coinvolgendo sempre di più le nuove generazioni. È nostro dovere trasmettere la memoria, come spesso ci ricorda la senatrice Segre, perché solo con il passaggio della testimonianza tra generazioni, possiamo sperare che simili massacri non abbiano a ripetersi.

Ecco allora il motivo per cui ritengo importante che lo stadio di Empoli continui a mantenere il suo nome in memoria di Carlo Castellani, perché espressione di rispetto e di ricordo di una comunità verso uno sportivo morto in un campo di concentramento per colpa di un regime fascista alleato dei nazisti.

Per quest’anno in Piazza della Vittoria oramai lasciamo le cose come stanno e godiamoci le feste. Però il prossimo anno ricordiamoci di non ricadere nell’errore. Quel monumento ci ricorda migliaia di ragazzi morti in guerra, spesso morti senza una sepoltura, senza poter dar loro un nome. Un po’ di rispetto anche se è passato del tempo, lo dobbiamo.
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