21 Novembre 2024
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Due o tre cose sui Comitati, le piantine (vive o morte) e la politica

22-04-2024 09:50 - Opinioni
di Pietro Spina
Ma perché nascono i Comitati? E' la domanda sorta, spontanea, in questo scorcio centrale della campagna elettorale che porterà alla scelta del nuovo sindaco l'8 e 9 giugno prossimi. Una risposta la danno i dizionari. Ad esempio, scrive la Treccani: i comitati di cittadini sono gruppi organizzati, ma debolmente strutturati, formati da persone che si riuniscono su base territoriale e utilizzano prevalentemente forme di protesta per opporsi a interventi che ritengono dannosi per la qualità della vita sul loro territorio o per chiedere miglioramenti di essa. Un comitato è caratterizzato da identità localistiche; struttura organizzativa partecipativa, flessibile e con bassi livelli di coordinamento; strategie d'azione che privilegiano la protesta, seppure in forme moderate.

Due gli aspetti che colpiscono: il livello territoriale (cioè il luogo in cui si vive, prevalentemente) e la forma di protesta per opporsi a interventi che ritengono dannosi per la qualità della vita.

Sono queste le basi su cui poggiano le battaglie del Comitato nato in seguito alla scoperta del keu spalmato sotto l'asfalto della nuova 429; del Comitato nato per opporsi (e soprattutto per indicarne uno alternativo) al tragitto del raddoppio della linea ferroviaria Empoli-Granaiolo; a quello nato per opporsi alla realizzazione del gassificatore del Terrafino; quello in difesa degli alberi, partito da viale IV Novembre per allargarsi poi a tutti i luoghi dove sono previsti abbattimenti.

Ognuno si è premurato di confrontarsi con i candidati sindaci, per chiedere assicurazioni sul futuro delle battaglie da loro portate avanti, proprio mentre la polemica, forte, soprattutto social, scoppia con l'amministrazione che sta per lasciare le redini della guida della città.

E' legata alla salute degli alberi, oltre un migliaio, piantati nel terreno vicino alla rotonda all'interno dell'area industriale del Terrafino. E che dovranno diventare, da grandi, un bosco, un bell'esempio di biodiversità cittadina, con pioppi, ciliegi,sorbi, querce e frassini.

Secondo il Comitato quelle piante sarebbero in gran parte morte. Per incuria. Lo pensano, lo verificano, lo denunciano attraverso un articolo su un quotidiano locale.

La replica, a stretto giro di posta, non tarda ad arrivare, con l'intervento di un esperto, un dottore forestale, che assicura sullo stato di salute eccellente delle piante e che, con una lezione-bignami di agronomia, ne spiega l'evoluzione, i dati e i tempi della loro crescita, la percentuale – bassa – di mortalità registrata in questi primi anni, prontamente ovviata con sostituzioni e con l'assicurazione che quel bosco, così come pensato dall'amministrazione comunale, lo vedremo cresciuto.

La vicenda poteva finire qui: il Comitato denuncia (una situazione che ritiene dannosa, come recitano i ruoli dei Comitati), la controparte risponde, arrivano addirittura le scuse del movimento dei cittadini da cui era partita la denuncia. Invece, ancora una volta i social – e purtroppo, la campagna elettorale – spingono oltre. Arriva la bacchettata della sindaca alla quale fanno da eco, le repliche dell'una e dell'altra parte, con incursioni di "tifosi" dell'ultim'ora di questo o quel candidato e con puntatine di veleno - e accuse anche gratuite - a guarnire il tutto.

Una situazione, questa, che si presta a due letture. Prima, per il Comitato: è legittimo stare con il fiato su collo a chi ci amministra, pretendere che le loro azioni siano giuste e incisive, denunciare le cose che non funzionano, gli errori o la superficialità dei politici locali. Ma occorre farlo con un pizzico di preparazione. Si deve essere certi di quel che si afferma, essere documentati, insomma.

L'altra riguarda gli amministratori (ma anche tutti coloro che sono impegnati, in queste settimane, a propagandare la loro candidatura alla guida della città): se i Comitati sono nati, sempre per rifarci ai loro compiti e ruoli, significa che le azioni delle amministrazioni ne hanno facilitato la nascita. Insomma, il Comitato nasce per contrastare qualcosa che ritiene non giusto, dannoso, inutile o sbagliato. Sarebbe pregiudiziale pensare che ogni Comitato nasca e cresca solo grazie a quella che viene definita la sindrome Nimby, cioè il principio del “non qui”, del “no” a prescindere. E allora, non sarebbe meglio che le amministrazioni imparassero a dialogare, preventivamente con questi cittadini, per un confronto e un coinvolgimento serio, leale, trasparente, anziché aspettare un passo falso per mettere in luce la loro inadeguatezza?

In una città che fa del percorso partecipativo un vanto, dovrebbe essere una prassi.
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