Dall'entusiasmo dei giovani la chiave per uscire dal momento no
27-08-2023 21:18 - Sport
di Gabriele Guastella
Tre partite ufficiali tra Serie A e Coppa Italia, e altrettante sconfitte: cinque gol subiti ed uno solo realizzato, in coppa contro il Cittadella. I numeri sono impietosi e si mischiano con prestazioni non del tutto convincenti: due quarti d’ora iniziali accettabili contro Cittadella ed Hellas Verona, i primi cinque minuti del secondo tempo contro il Monza. Poi notte fonda o quasi, e ora un calendario nelle prossime tre almeno sulla carta da incubo: in casa contro la Juventus, in trasferta all’Olimpico contro la Roma, di nuovo tra le mura amiche contro l’Inter. Il rischio di restare al “palo” dopo le prime cinque giornate ora è elevato.
A preoccupare, risultati e numeri a parte, sono soprattutto le prestazioni: dal punto di vista corale, e scendendo nei particolari anche di qualche singolo da cui ci si aspetterebbe il salto di qualità. Lo scorso 5 luglio è stato sorteggiato il calendario del campionato, sapevamo dunque che dopo le prime due partite saremmo stati attesi da un trittico di gare difficilissime: ed è forte il rammarico di aver affrontato i match contro Hellas Verona e Monza non proprio al top della condizione.
Tra demeriti ed errori evidenti, giusto sottolineare anche la presenza di un bel po’ di sfortuna, ed un calciomercato forse non perfetto nei tempi, e forse non semplice. La sfortuna emerge negli infortuni: quello di Marin e Fazzini in preparazione ne sono un esempio, poi quello di Caprile di pochi giorni fa. Un po’ di malasorte emerge anche negli episodi delle due gare di campionato: le due traverse fotocopia del rumeno Marin, con i portieri avversari Montipò e Di Gregorio che hanno trovato dopo le loro smanacciate nel montante superiore un grande alleato. Vero che entrambi gli episodi negativi sono arrivati in momenti chiave del match, e che il Monza per esempio ha raddoppiato nel momento in cui l’Empoli stava provando a rialzare la testa, ed il morale, ma è troppo poco a fronte di quanto non è stato prodotto.
La costruzione della squadra in sede di mercato è apparsa veloce inizialmente, poi terribilmente lenta. Dopo le conferme del DS Accardi e del tecnico Zanetti in rapida successione, il club azzurro ha confermato un bel blocco del gruppo: da Luperto a Walukiewicz, da Grassi a Marin. Ceduti velocemente Vicario e Parisi i loro “eredi” non sono approdati in riva all’Arno con particolare celerità. Per “chiudere” con i vari Shpendi, Cancellieri e Cambiaghi sono trascorse settimane; a ritiro terminato anche l’approdo di un nuovo terzino destro, per non parlare poi di Akpa che ha “rapinato” tempo ed energie. Tutte situazioni che probabilmente non hanno aiutato il lavoro dello staff tecnico, immaginiamo.
Arriviamo poi ad un altro aspetto: il modulo. L’Empoli dopo diverse stagioni ha abbandonato l’offensivo e redditizio 4-3-1-2, che però numeri alla mano nella stagione 2021/22 con Andreazzoli al timone aveva palesato qualche scricchiolio di troppo soprattutto dal punto di vista difensivo. Mister Zanetti ha iniziato la scorsa stagione seguendo il lavoro dei predecessori: modulo confermato con tanti uomini diversi, in una parola “ricostruzione” e gioventù. La squadra è apparsa abbastanza equilibrata fino ad un certo punto della stagione, ottenendo vittorie pesanti pur segnando con il contagocce, fino ad arrivare ad avere una fase realizzativa “desertica”. La linea di confine tra queste due fasi pare essere coincisa tra la serata magica con la vittoria in casa dell’Inter ed il derby pareggiato al Franchi contro la Fiorentina, in cui Caputo si è visto annullare lo 0-2 per la lunghezza di mezzo dito di un piede e Cambiaghi si è infortunato.
Un periodo difficile superato con una nuova idea tattica del giovane tecnico: 4-2-3-1. Terzini un po’ più bloccati sulle fasce, maggiore copertura nella zona centrale del campo, due esterni in grado di fare da collante tra i reparti e supportare insieme al trequartista l’unica punta. I risultati sono arrivati praticamente subito, decisivi ai fini della salvezza aritmetica dell’Empoli con un mese di anticipo, dopo aver rischiato di finire coinvolti in una zona calda da cui la squadra azzurra è sempre stata a debita distanza.
La sensazione è che il 4-2-3-1 possa essere un modulo tanto equilibrato quanto dispendioso, e che richieda una forma quasi perfetta nei suoi interpreti, forma che in questo momento appare davvero lontana. Da qui si evincono le difficoltà dell’Empoli soprattutto in chiave offensiva, dove la punta che si chiami Caputo o Piccoli risulta isolata e lasciata a se stessa, persa in solitudine tra le maglie difensive avversarie. Così l’Empoli è apparso di facile lettura per gli avversari, a cui è bastata l’aggressione ai portatori di palla in mediana, lento e macchinoso nelle ripartenze, troppo rintanato nelle retrovie: quasi come fosse timoroso di non essere in grado di svolgere il proprio compito, studiato e provato negli allenamenti settimanali. Forse in questo momento servirebbe qualcosa di semplice, che accenda l’entusiasmo, che dia coraggio.
Così mi viene a mente una frase di un tecnico azzurro di qualche stagione orsono, in una piacevole chiacchierata a microfoni spenti, e con cui voglio chiudere questa riflessione. Più o meno recitava così: “quando hai una squadra con tanti giovani, la prima cosa su cui devi lavorare è l’aspetto emotivo. L’entusiasmo per un giovane vuol dire tanto, quando si accende quella scintilla e vanno in fiducia sono capaci di fare cose straordinarie, perché acquistano sfrontatezza e perdono timori e preoccupazioni… però inizialmente serve fare cose semplici”.