Da nonno Fosco a Barbara, i forni Antonini alla conquista del mondo
16-09-2023 09:48 - Le interviste di Clebs.it
di Marco Mainardi
Chissà cosa direbbe ora nonno Fosco se potesse vedere due nipoti femmine al vertice dell'azienda nata dalla sua genialità e capace di crescere con gli anni fino a diventare leader mondiale nel campo della lavorazione del vetro. La Antonini Srl, una sede a Ponte a Elsa ed una a Vinci, è una bella storia aziendale figlia di valori come vincolo familiare, capacità, sacrificio, passione al lavoro, umanità, rapporti personali. Se Francesca è la presidente e direttrice tecnica, Barbara è Ceo dell'azienda, orgogliosa erede di una lunga storia familiare ed aziendale
Barbara, quando nasce la Antonini srl?
Nel dopoguerra come piccola impresa artigiana, fondata da mio nonno Fosco che collaborava con le vetrerie della zona, soprattutto con la cooperativa Fiascai dove lui ha anche lavorato a lungo
Che tipo era il nonno?
Una persona brillante, un personaggio particolare con molte passioni oltre al lavoro
Ne vogliamo ricordare qualcuna?
La musica e l'agricoltura. Era molto appassionato, credo sia stato uno dei primi a coltivare a Ponte a Elsa cose un po' esotiche tipo i kiwi. Era una persona molto estrosa e, da quanto mi raccontano, gli piaceva anche il vetro soffiato. Poi si è specializzato come fabbro e faceva manutenzione ai macchinari nelle vetrerie della zona che a quel tempo erano tante
Quando avviene il primo passaggio aziendale importante?
Barbara, quando nasce la Antonini srl?
Nel dopoguerra come piccola impresa artigiana, fondata da mio nonno Fosco che collaborava con le vetrerie della zona, soprattutto con la cooperativa Fiascai dove lui ha anche lavorato a lungo
Che tipo era il nonno?
Una persona brillante, un personaggio particolare con molte passioni oltre al lavoro
Ne vogliamo ricordare qualcuna?
La musica e l'agricoltura. Era molto appassionato, credo sia stato uno dei primi a coltivare a Ponte a Elsa cose un po' esotiche tipo i kiwi. Era una persona molto estrosa e, da quanto mi raccontano, gli piaceva anche il vetro soffiato. Poi si è specializzato come fabbro e faceva manutenzione ai macchinari nelle vetrerie della zona che a quel tempo erano tante
Quando avviene il primo passaggio aziendale importante?
Quando sono entrati i figli. Mio padre e mio zio hanno iniziato a lavorare in maniera più strutturata, ovvero facendo delle macchine invece che solo manutenzione. Nel 1976 viene realizzato il primo forno grazie ad una azienda di ingegneria di Torino che ha notato la maestranza della tecnica di manutenzione ed anche l'inventiva, l'arte di arrangiarsi che avevano. Ha così proposto di progettare e fare insieme un forno di ricottura. Da questa collaborazione è nata la prima macchina
L'azienda dove era?
A Ponte a Elsa. Anche quando ho iniziato a lavorare io, era sotto la casa dei miei nonni in un fondo dove c'erano un piccolo ufficio tecnico, un tecnigrafo, gli uffici e l'officina. La nostra sede è rimasta lì fino al 1994, sviluppandosi così sotto a casa
Questo vi ha dato vantaggi?
Sì, se mio nonno era il genio di famiglia, mia nonna era quella che teneva i piedi per terra curando l'amministrazione ed incanalando le energie del marito in progetti veri e propri. Intratteneva i clienti anche stranieri, iraniani e francesi, che pranzavano in casa nostra cucinando loro i piatti toscani. Alcuni, ancora oggi, ricordano le sue pappardelle. E questo è un aspetto che ci ha permesso di instaurare rapporti umani oltre a quelli commerciali
Già allora avevate quindi una dimensione internazionale
Dopo Francia, Nord Africa, Iran e Medio oriente, negli anni '80, siamo entrati nel mercato del sud est asiatico con fiere che si svolgevano soprattutto a Singapore. A queste partecipavano anche veneti e lombardi e lì sono nati altri rapporti anche di amicizia fra aziende di questo mercato di nicchia che hanno consentito all'Italia di farsi onore in questo settore
Il prodotto vostro è un forno?
E' un tunnel fatto a moduli del quale abbiamo diverse varianti in base alle esigenze dei clienti. Il prodotto entra stampato ed esce finito e pronto ad essere confezionato. La nostra macchina da la cottura finale, la stabilizzazione e, in caso di decorazione, cuoce la vernice sul vetro. Oppure produce il tipo temperato che si usa per i fari delle auto, gli oblò delle lavatrici o i tappi delle pentole a pressione
Chi sono i vostri clienti?
Abbiamo iniziato con le aziende piccole ed ora serviamo le multinazionali. Il lavorare con gli artigiani ci ha insegnato molto
Cosa?
Dare valore ai particolari e fare della capacità di customizzare il nostro valore più importante. Accanto al prodotto standard cuciamo la macchina addosso alle esigenze del cliente, una flessibilità che molti concorrenti non sono in grado di fornire. Questo ci ha aiutato a guadagnarci fette di mercato e fiducia
Quando siete passati da piccola azienda a un qualcosa di più grande e strutturato?
Quando abbiamo costruito il nuovo edificio nel 1995 a Ponte a Elsa su un terreno comprato dal nonno. Poi direi con lo sviluppo negli anni 2000 del mercato sovietico e dell'America latina, con il Messico che è il nostro mercato più importante. Il terzo step che ci ha fatto raggiungere la leadership, il 70% del mercato mondiale, è stato il periodo del covid
Perché?
Siamo riusciti a restare in attività a sopravvivere in mezzo alle difficoltà che c'erano nel fare ogni cosa, mentre alcuni nostri concorrenti hanno attuato una strategia più protezionistica. Anche rischiando di farci male, ci siamo lanciati su mercati lasciati scoperti
Tradotto in numeri?
Dal 2020 abbiamo incrementato il fatturato del 40% e siamo passati da 70 a 159 dipendenti. Lo stabilimento di Vinci che abbiamo acquisito nel 2015 come stoccaggio e logistica, ora è un'altra sede di produzione con 30 dipendenti. All'interno c'è un'area di ricerca e sviluppo dove facciamo prove soprattutto di abbassamento consumi riportando dentro l'azienda una lavorazione che avevamo esternalizzato
Quale?
La costruzione del cassone che è la parte interna del tunnel, con l'obiettivo di insegnare ai nostri dipendenti giovani il cuore della nostra macchina, il suo segreto. Diciamo che siamo diventati meno assemblatori
Quanto dedicate alla ricerca?
E' una parte fondamentale che per qualche anno abbiamo un po' trascurato essendo presi dalla produzione. Poi, nel 2009, abbiamo purtroppo avuto il problema fisico a mio padre che è stato colpito da un ictus. Lui era quello che, specie commercialmente, tirava le fila dell'azienda ed abbiamo avuto inevitabilmente un contraccolpo. Molti clienti conoscevano lui e riponevano fiducia in lui e tanti ci davano per spacciati. E' stato faticoso, ma abbiamo mantenuto la reputazione tornando poi a crescere ancora
Si può quindi dire che l'Antonini ha già avuto passaggi generazionali
Sì, purtroppo nel caso di mio padre traumatico ed improvviso mentre, nel caso di mio zio, più lento. Lui si era sempre più allontanato dal management lasciando spazio a mia cugina che ora è presidente e direttrice tecnica dell'azienda. Sicuramente un passaggio più graduale anche se alcune dinamiche non sono state facili perché mio zio aveva un ruolo molto importante essendo uomo di fabbrica. Aveva una credibilità tecnica che per noi è stato faticoso raggiungere
Ed il passaggio di mentalità da piccola a grande azienda come è stato?
Noi abbiamo mantenuto l'attenzione all'aspetto umano del lavoro, ma i rapporti sono inevitabilmente cambiati col tempo. Ci sono procedure più strette, l'azienda è sindacalizzata e tante dinamiche sono diverse
Personalmente era il percorso aziendale che Barbara Antonini immaginava?
Ho iniziato fin da ragazzina a seguire mio babbo nei viaggi di lavoro. Immaginavo di fare questo e mi sono preparata anche col percorso scolastico, liceo linguistico e giurisprudenza, ma pensavo ad un passaggio più graduale. Inoltre avrei voluto che mio babbo mi avesse introdotto prima nel cda ed invece lui mi ha fatto fare una gavetta severa
Come?
Entrai che facevo l'università e, fino alla laurea, sono stata in portineria ed al centralino, una fase che non ho vissuto con piacere, mi sentivo penalizzata rispetto a tanti altri. Lui però mi diceva che era un posto strategico dove potevo sapere tutto di tutti ed ora devo dire che è la verità ed il fatto che mi portasse alle fiere mi ha facilitato più avanti nel rapporto con i clienti
Che ricordo ha del periodo pesante umanamente e professionalmente della malattia del padre?
E' stato un fatto improvviso. Abbiamo dovuto gestire la parte della malattia e l'aspetto legale che ci ha obbligati a procedere per l'interdizione e la nomina di un tutore perché l'azienda era bloccata. In quel momento restare lucidi non è stato facile. Poi c'è stata la nomina del nuovo cda e la necessità di rimotivare un po' tutti in azienda. C'era forte preoccupazione, qualcuno è anche andato via, qualche fornitore ha iniziato a guardarci con sospetto, abbiamo dovuto gestire i rapporti con le banche che seguiva lui. A ripensarci ora non so come abbiamo fatto
Avete uffici nel mondo?
Mio cugino lavora in Thailandia, poi siamo a Mosca, sede ora in stand-by, ed in Argentina. Abbiamo rappresentanti in Corea, Cina, Taiwan e Svizzera con una persona che segue il Giappone ed il medio oriente
Progetti?
Aprire un ufficio negli Stati uniti. Il mercato si è aperto da un paio di anni, è difficile ma la nostra pazienza ci sta aiutando ad entrare sempre di più. Per me era un sogno che ora, piano piano, si realizza
Che rapporto ha col territorio?
Ci sono stati dei problemi a Ponte a Elsa dovuti alla nostra fabbrica, ma direi che il rapporto è buono, ci piace essere presenti. Con Empoli l'ho sviluppato di più da quando sono in Confindustria come vicepresidente
Una soddisfazione personale ed aziendale
Per la quale devo dire grazie a Simone Campinoti che è stato il mio mentore e mi ha fatto conoscere quella realtà bellissima, fatta di imprenditori che mi hanno insegnato tanto, anche a fare scelte sul sociale per contribuire al benessere della città
Collaborate con le scuole?
E' una cosa che ci preme molto, specie con quelle tecniche. Spero che, ora che abbiamo questo spazio a Vinci, ci sia una più stretta collaborazione facendo venire ragazzi da noi anche per farci conoscere. Offriamo dei percorsi interessanti che magari sono poco conosciuti da chi esce dalle scuole e su questo vogliamo lavorare con sempre maggiore attenzione. Il vetro è una lavorazione storica di questa realtà e noi, fra l'altro, abbiamo recuperato la matricola numero uno, la prima macchina costruita che ora è nello stabilimento di Vinci. Ci piacerebbe esporla. Il cuore della macchina, in fondo, è sempre quello
Lo stesso cuore della famiglia Antonini, dal genio di nonno Fosco che mentre ascoltava musica e coltivava kiwi pensava alle macchine da costruire al management attuale con le nipoti Barbara e Francesca. La storia aziendale della famiglia Antonini prosegue.
L'azienda dove era?
A Ponte a Elsa. Anche quando ho iniziato a lavorare io, era sotto la casa dei miei nonni in un fondo dove c'erano un piccolo ufficio tecnico, un tecnigrafo, gli uffici e l'officina. La nostra sede è rimasta lì fino al 1994, sviluppandosi così sotto a casa
Questo vi ha dato vantaggi?
Sì, se mio nonno era il genio di famiglia, mia nonna era quella che teneva i piedi per terra curando l'amministrazione ed incanalando le energie del marito in progetti veri e propri. Intratteneva i clienti anche stranieri, iraniani e francesi, che pranzavano in casa nostra cucinando loro i piatti toscani. Alcuni, ancora oggi, ricordano le sue pappardelle. E questo è un aspetto che ci ha permesso di instaurare rapporti umani oltre a quelli commerciali
Già allora avevate quindi una dimensione internazionale
Dopo Francia, Nord Africa, Iran e Medio oriente, negli anni '80, siamo entrati nel mercato del sud est asiatico con fiere che si svolgevano soprattutto a Singapore. A queste partecipavano anche veneti e lombardi e lì sono nati altri rapporti anche di amicizia fra aziende di questo mercato di nicchia che hanno consentito all'Italia di farsi onore in questo settore
Il prodotto vostro è un forno?
E' un tunnel fatto a moduli del quale abbiamo diverse varianti in base alle esigenze dei clienti. Il prodotto entra stampato ed esce finito e pronto ad essere confezionato. La nostra macchina da la cottura finale, la stabilizzazione e, in caso di decorazione, cuoce la vernice sul vetro. Oppure produce il tipo temperato che si usa per i fari delle auto, gli oblò delle lavatrici o i tappi delle pentole a pressione
Chi sono i vostri clienti?
Abbiamo iniziato con le aziende piccole ed ora serviamo le multinazionali. Il lavorare con gli artigiani ci ha insegnato molto
Cosa?
Dare valore ai particolari e fare della capacità di customizzare il nostro valore più importante. Accanto al prodotto standard cuciamo la macchina addosso alle esigenze del cliente, una flessibilità che molti concorrenti non sono in grado di fornire. Questo ci ha aiutato a guadagnarci fette di mercato e fiducia
Quando siete passati da piccola azienda a un qualcosa di più grande e strutturato?
Quando abbiamo costruito il nuovo edificio nel 1995 a Ponte a Elsa su un terreno comprato dal nonno. Poi direi con lo sviluppo negli anni 2000 del mercato sovietico e dell'America latina, con il Messico che è il nostro mercato più importante. Il terzo step che ci ha fatto raggiungere la leadership, il 70% del mercato mondiale, è stato il periodo del covid
Perché?
Siamo riusciti a restare in attività a sopravvivere in mezzo alle difficoltà che c'erano nel fare ogni cosa, mentre alcuni nostri concorrenti hanno attuato una strategia più protezionistica. Anche rischiando di farci male, ci siamo lanciati su mercati lasciati scoperti
Tradotto in numeri?
Dal 2020 abbiamo incrementato il fatturato del 40% e siamo passati da 70 a 159 dipendenti. Lo stabilimento di Vinci che abbiamo acquisito nel 2015 come stoccaggio e logistica, ora è un'altra sede di produzione con 30 dipendenti. All'interno c'è un'area di ricerca e sviluppo dove facciamo prove soprattutto di abbassamento consumi riportando dentro l'azienda una lavorazione che avevamo esternalizzato
Quale?
La costruzione del cassone che è la parte interna del tunnel, con l'obiettivo di insegnare ai nostri dipendenti giovani il cuore della nostra macchina, il suo segreto. Diciamo che siamo diventati meno assemblatori
Quanto dedicate alla ricerca?
E' una parte fondamentale che per qualche anno abbiamo un po' trascurato essendo presi dalla produzione. Poi, nel 2009, abbiamo purtroppo avuto il problema fisico a mio padre che è stato colpito da un ictus. Lui era quello che, specie commercialmente, tirava le fila dell'azienda ed abbiamo avuto inevitabilmente un contraccolpo. Molti clienti conoscevano lui e riponevano fiducia in lui e tanti ci davano per spacciati. E' stato faticoso, ma abbiamo mantenuto la reputazione tornando poi a crescere ancora
Si può quindi dire che l'Antonini ha già avuto passaggi generazionali
Sì, purtroppo nel caso di mio padre traumatico ed improvviso mentre, nel caso di mio zio, più lento. Lui si era sempre più allontanato dal management lasciando spazio a mia cugina che ora è presidente e direttrice tecnica dell'azienda. Sicuramente un passaggio più graduale anche se alcune dinamiche non sono state facili perché mio zio aveva un ruolo molto importante essendo uomo di fabbrica. Aveva una credibilità tecnica che per noi è stato faticoso raggiungere
Ed il passaggio di mentalità da piccola a grande azienda come è stato?
Noi abbiamo mantenuto l'attenzione all'aspetto umano del lavoro, ma i rapporti sono inevitabilmente cambiati col tempo. Ci sono procedure più strette, l'azienda è sindacalizzata e tante dinamiche sono diverse
Personalmente era il percorso aziendale che Barbara Antonini immaginava?
Ho iniziato fin da ragazzina a seguire mio babbo nei viaggi di lavoro. Immaginavo di fare questo e mi sono preparata anche col percorso scolastico, liceo linguistico e giurisprudenza, ma pensavo ad un passaggio più graduale. Inoltre avrei voluto che mio babbo mi avesse introdotto prima nel cda ed invece lui mi ha fatto fare una gavetta severa
Come?
Entrai che facevo l'università e, fino alla laurea, sono stata in portineria ed al centralino, una fase che non ho vissuto con piacere, mi sentivo penalizzata rispetto a tanti altri. Lui però mi diceva che era un posto strategico dove potevo sapere tutto di tutti ed ora devo dire che è la verità ed il fatto che mi portasse alle fiere mi ha facilitato più avanti nel rapporto con i clienti
Che ricordo ha del periodo pesante umanamente e professionalmente della malattia del padre?
E' stato un fatto improvviso. Abbiamo dovuto gestire la parte della malattia e l'aspetto legale che ci ha obbligati a procedere per l'interdizione e la nomina di un tutore perché l'azienda era bloccata. In quel momento restare lucidi non è stato facile. Poi c'è stata la nomina del nuovo cda e la necessità di rimotivare un po' tutti in azienda. C'era forte preoccupazione, qualcuno è anche andato via, qualche fornitore ha iniziato a guardarci con sospetto, abbiamo dovuto gestire i rapporti con le banche che seguiva lui. A ripensarci ora non so come abbiamo fatto
Avete uffici nel mondo?
Mio cugino lavora in Thailandia, poi siamo a Mosca, sede ora in stand-by, ed in Argentina. Abbiamo rappresentanti in Corea, Cina, Taiwan e Svizzera con una persona che segue il Giappone ed il medio oriente
Progetti?
Aprire un ufficio negli Stati uniti. Il mercato si è aperto da un paio di anni, è difficile ma la nostra pazienza ci sta aiutando ad entrare sempre di più. Per me era un sogno che ora, piano piano, si realizza
Che rapporto ha col territorio?
Ci sono stati dei problemi a Ponte a Elsa dovuti alla nostra fabbrica, ma direi che il rapporto è buono, ci piace essere presenti. Con Empoli l'ho sviluppato di più da quando sono in Confindustria come vicepresidente
Una soddisfazione personale ed aziendale
Per la quale devo dire grazie a Simone Campinoti che è stato il mio mentore e mi ha fatto conoscere quella realtà bellissima, fatta di imprenditori che mi hanno insegnato tanto, anche a fare scelte sul sociale per contribuire al benessere della città
Collaborate con le scuole?
E' una cosa che ci preme molto, specie con quelle tecniche. Spero che, ora che abbiamo questo spazio a Vinci, ci sia una più stretta collaborazione facendo venire ragazzi da noi anche per farci conoscere. Offriamo dei percorsi interessanti che magari sono poco conosciuti da chi esce dalle scuole e su questo vogliamo lavorare con sempre maggiore attenzione. Il vetro è una lavorazione storica di questa realtà e noi, fra l'altro, abbiamo recuperato la matricola numero uno, la prima macchina costruita che ora è nello stabilimento di Vinci. Ci piacerebbe esporla. Il cuore della macchina, in fondo, è sempre quello
Lo stesso cuore della famiglia Antonini, dal genio di nonno Fosco che mentre ascoltava musica e coltivava kiwi pensava alle macchine da costruire al management attuale con le nipoti Barbara e Francesca. La storia aziendale della famiglia Antonini prosegue.
Ha collaborato Nicola Nascosti