Ciao Silvano, diamante dalle molte sfaccettature
09-01-2024 16:20 - Opinioni
di Varis Rossi
Con Silvano avevamo parlato di come volevamo andarcene. Stava lottando, con tenacia, con dolore assoluto, ma anche con attimi di contentezza per la speranza che si accendeva per poco ma che si presentava come per sempre fino a che l'incalzare dell'ospite indesiderato e spesso imbattibile non si muoveva di nuovo. Sette anni lunghi. Metteva fra le cose possibili la peggiore di tutte. Quello che lo impauriva era quanto tempo e a quali condizioni arrivarci. Insieme ci si rafforzava nel dire che avremmo fatto come Remo Scappini che non aveva voluto nulla per il suo funerale. Fra noi due questa era forse una forzatura che avrebbe significato se ne vanno i migliori, niente parole, niente saluti. Il silenzio come messaggio. Ma non me la sono sentita. Ho chiesto alla moglie ed al figlio se potevo salutare Silvano al cimitero. Hanno annuito abbracciandomi. Dovevo dire qualcosa.
Fra noi correvano solo due anni. Ero più grande come si dice ad Empoli. Ma lui quasi da subito ha dimostrato che era più grande in politica, in filosofia, in cultura. Poteva attrarre consenso da parte di tante e tanti. Figlio unico nato e cresciuto in una famiglia mezzadrile che aveva, come tante altre in quel Novecento, scoperto ed aderito al messaggio comunista, non solo l'unico nelle campagne italiane, ma fortemente presente nelle nostre terre. Sapere per conoscere, conoscere per organizzare la propria cifra di classe a difesa della dignità e della materialità di una vita sempre più misera. Il clima in casa Calugi era di questo tipo. Non a caso Di Vittorio, passando da queste terre si fermò dai Calugi, da Silvano piccolo ma memore di questa eccezionale presenza.
In questo mondo cresce e sviluppa questa appartenenza fino a considerare la democrazia costituzionale come una religiosità laica che aiuta e forma il cittadino, la cittadina. Un rigore morale assoluto, non sterile, ma fecondo di doni che la vita accenna a ciascuno, spesso da scoprire con lo studio, con le relazioni umane, con la consapevolezza che se vuoi essere, come in quegli anni si diceva, un comunista devi pensare che lo sei immeritatamente, ed ogni giorno devi averne conferma di questo cercare di essere, guardando e vivendo il tuo tempo. Stando certamente da una parte, ma guardando l'insieme. Per puntare ad una visione e ad un interesse generale.
La famiglia scende ad Avane. Qui cresce. Viene riconosciuto il suo valore. Studia a Siena per un diploma di perito chimico. Vi risiede a dozzina. Ma torna spesso in via Magolo. La sezione, il partito capiscono che la stoffa c'era. Non sbagliarono. L'ho sempre considerato negli anni che lo portarono a diventare funzionario del PCI, una organizzazione che aveva quasi venti mila iscritti, come un diamante con molte sfaccettature. Silvano sapeva scrivere, anche condurre un comizio, e non come oggi che spesso si sa solo comiziare. Termina. l'Università. Si laurea in Filosofia. Conosceva e usava linguaggi diversi e strumenti diversi fra i quali la fotografia. Riusciva a fotografare il silenzio! Dal partito al Comune era uno sbocco logico. Divenne assessore e poi Sindaco di Empoli. A dirlo è facile. Ma se pensi che sostituiva Mario Assirelli era meno facile. Un testimone di decenni ricco di simboli e di risultati per Empoli storicamente ottenuti a vantaggio dei cittadini. Come continuare e innovare una politica comunale che i tempi rendevano necessaria e mantenerla ai livelli richiesti dalla grande trasformazione delle forze produttive che avrebbe segnato nel profondo la vita della nostra comunità. La sua sindacatura, la sua Giunta, hanno caratterizzato quei cinque anni arricchendo il testimone ricevuto. Per questo sono sicuro che il Comune di Empoli troverà il modo ed il tempo di sottolineare questa presenza.
Viene eletto in Regione. Diventa anche assessore. E mantiene una sua cifra nel momento in cui si decide lo scioglimento del PCI. Silvano non condivide né la modalità né le motivazioni. È fuori. Forma un gruppo autonomo. Lo definì Comunisti per la Costituzione. Suscitò sorrisetti, troppo ideologico. Silvano cercò di afferrare due corni fondamentali della storia della Repubblica antifascista ed antimonarchica. Aveva capito, o quanto meno intuito, dove si andava a parare. Il Natale non sarebbe più stato il momento del ceppo acceso attorno al quale tutte le generazioni della famiglia contadina si raccoglievano con speranza nella prossima primavera e nella festa che a metà gennaio avrebbe accolto il norcino per riempire la dispensa di carne. E la stessa Carta poteva essere messa a rischio nel suo costituzionalismo sociale se scompariva una forza che era stata decisiva nel conquistarla e quindi quella parola, quella storia fatta di tragedie, di errori, ma soprattutto necessaria per la democrazia, per questa nostra democrazia, andava mantenuta, trasmessa.
Buon viaggio Silvano.
Fra noi correvano solo due anni. Ero più grande come si dice ad Empoli. Ma lui quasi da subito ha dimostrato che era più grande in politica, in filosofia, in cultura. Poteva attrarre consenso da parte di tante e tanti. Figlio unico nato e cresciuto in una famiglia mezzadrile che aveva, come tante altre in quel Novecento, scoperto ed aderito al messaggio comunista, non solo l'unico nelle campagne italiane, ma fortemente presente nelle nostre terre. Sapere per conoscere, conoscere per organizzare la propria cifra di classe a difesa della dignità e della materialità di una vita sempre più misera. Il clima in casa Calugi era di questo tipo. Non a caso Di Vittorio, passando da queste terre si fermò dai Calugi, da Silvano piccolo ma memore di questa eccezionale presenza.
In questo mondo cresce e sviluppa questa appartenenza fino a considerare la democrazia costituzionale come una religiosità laica che aiuta e forma il cittadino, la cittadina. Un rigore morale assoluto, non sterile, ma fecondo di doni che la vita accenna a ciascuno, spesso da scoprire con lo studio, con le relazioni umane, con la consapevolezza che se vuoi essere, come in quegli anni si diceva, un comunista devi pensare che lo sei immeritatamente, ed ogni giorno devi averne conferma di questo cercare di essere, guardando e vivendo il tuo tempo. Stando certamente da una parte, ma guardando l'insieme. Per puntare ad una visione e ad un interesse generale.
La famiglia scende ad Avane. Qui cresce. Viene riconosciuto il suo valore. Studia a Siena per un diploma di perito chimico. Vi risiede a dozzina. Ma torna spesso in via Magolo. La sezione, il partito capiscono che la stoffa c'era. Non sbagliarono. L'ho sempre considerato negli anni che lo portarono a diventare funzionario del PCI, una organizzazione che aveva quasi venti mila iscritti, come un diamante con molte sfaccettature. Silvano sapeva scrivere, anche condurre un comizio, e non come oggi che spesso si sa solo comiziare. Termina. l'Università. Si laurea in Filosofia. Conosceva e usava linguaggi diversi e strumenti diversi fra i quali la fotografia. Riusciva a fotografare il silenzio! Dal partito al Comune era uno sbocco logico. Divenne assessore e poi Sindaco di Empoli. A dirlo è facile. Ma se pensi che sostituiva Mario Assirelli era meno facile. Un testimone di decenni ricco di simboli e di risultati per Empoli storicamente ottenuti a vantaggio dei cittadini. Come continuare e innovare una politica comunale che i tempi rendevano necessaria e mantenerla ai livelli richiesti dalla grande trasformazione delle forze produttive che avrebbe segnato nel profondo la vita della nostra comunità. La sua sindacatura, la sua Giunta, hanno caratterizzato quei cinque anni arricchendo il testimone ricevuto. Per questo sono sicuro che il Comune di Empoli troverà il modo ed il tempo di sottolineare questa presenza.
Viene eletto in Regione. Diventa anche assessore. E mantiene una sua cifra nel momento in cui si decide lo scioglimento del PCI. Silvano non condivide né la modalità né le motivazioni. È fuori. Forma un gruppo autonomo. Lo definì Comunisti per la Costituzione. Suscitò sorrisetti, troppo ideologico. Silvano cercò di afferrare due corni fondamentali della storia della Repubblica antifascista ed antimonarchica. Aveva capito, o quanto meno intuito, dove si andava a parare. Il Natale non sarebbe più stato il momento del ceppo acceso attorno al quale tutte le generazioni della famiglia contadina si raccoglievano con speranza nella prossima primavera e nella festa che a metà gennaio avrebbe accolto il norcino per riempire la dispensa di carne. E la stessa Carta poteva essere messa a rischio nel suo costituzionalismo sociale se scompariva una forza che era stata decisiva nel conquistarla e quindi quella parola, quella storia fatta di tragedie, di errori, ma soprattutto necessaria per la democrazia, per questa nostra democrazia, andava mantenuta, trasmessa.
Buon viaggio Silvano.