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Caro Irace ti scrivo, firmato Varis

13-09-2023 14:14 - Opinioni
di Varis Rossi

Se l’avessi incontrata al Bar Azelio le avrei detto, caro AD, caro Alberto Irace, “ma chi l’ha ispirato!”. Non le è bastata l’assemblea di Marcignana intorno al Gassificatore per acquisire un poco di cautela, per staccare una pausa e non insistere. Disse, con sicumera, che il rendering sarebbe andato avanti. A che punto siamo? È stato speso qualcosa? In fondo guida un’azienda che campa assieme a lei con le nostre tariffe.

Deve avere una smisurata considerazione di sé stesso. Armato di un linguaggio da dizionario finanziario ha sciorinato in una intervista uno scadenzario di passaggi per agglutinare quanto servirebbe per andare in Borsa. Sia chiaro. Su questa road map lei privatizza l’acqua, la mette in leggi e regolamenti che smentiscono lo stesso referendum del 12 e 13 giugno 2011! Lei segue una ideologia che ha messo e accentuato il vero conflitto di interessi, quello fra questo mondo liberista e di massima finanziarizzazione, e la natura, la Terra.

Lo sbarco in borsa vuol dire “privatizzare l’acqua”. Vuol dire seguire leggi e regolamenti che non danno valore ad un bene comune come l’acqua, ma lo piegano a logiche che puntano a creare profitto non per i custodi e beneficiari di questo bene comune come sono le umane e gli umani che ormai non solo lei, ma anche i nostri amministratori locali pro tempore, definiscono utenti/clienti da monitorare attraverso il contatore, attraverso le tariffe. Leggendo questa intervista penso alla Toscana al Monte dei Paschi, ad altre banche nate in questa terra e franate nelle tasche di altri istituti per insipienza e per malcelato spirito di grandezza. I timonieri hanno spiaggiato! Attenzione, già prima di avviare il motore c’è già un contenzioso con Acea, sappiamo quanto possono costare certi contenziosi se non la spunti! Già nelle nostre tariffe della nettezza forse pesano gli oneri milionari sostenuti per fare e disfare l’inceneritore di Casa Passerini.

Acqua. Usare questa parola, vuol dire usare uno strumento utile la cui storia mondiale è la Storia delle civiltà, la storia della Terra e del Cielo. Consiglierei a lei e a chi vuole accaparrarsi l’acqua, a chi la vuole portare in Borsa, in questa cattedrale della ubiqua ed invisibile potenza che si definisce finanza, consiglierei la lettura di un libro, ACQUA una biografia, di Giulio Boccaletti.

Siamo nell’antica Grecia nella polis di Eretria dove si costruì un sistema politico con tratti decisamente moderni di emancipazione e aperto la strada a soluzioni dei problemi idrici che si configurassero come accordi contrattuali tra la comunità e l’individuo. Aristotele legava la vita della polis all’idea della giustizia e questa idea ai diritti individuali. La città era, allo stesso tempo, i suoi cittadini e il loro scopo collettivo. La politica come sede appropriata per definire le norme adatte a perseguire il bene comune a proteggerlo e difenderlo. Roma non centralizzò mai l’amministrazione delle risorse idriche e ciò può sembrare contraddittorio per una civiltà famosa per i suoi acquedotti. L’acqua del resto è la res publica per eccellenza, una sostanza che si muove, impossibile da confinare nella proprietà individuale.

Per far fronte a questa tensione, Roma dovette adottare una precisa distinzione giuridica tra il ruolo dell’impresa individuale e quello dello stato nella gestione di questa res publica. Per dirla con Cicerone, “res publica res populi est”: il bene pubblico è proprietà del popolo. Cicerone usò il termine populus, e non civitas per indicare che si trattava del popolo romano come insieme di individui liberi. Lei insieme a miopi amministratori locali, i nostri ed altri, dovreste dire forte e chiaro che privatizzate un bene comune come l’acqua. Dovreste dire che la città, i suoi cittadini perdono il loro scopo collettivo. Ci sarà più lontananza fra noi, ci sarà scarsa attenzione e poca cultura intorno ad una risorsa che è la vita di ciascuno.
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