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Cabine telefoniche dismesse, la città perde i suoi "monumenti" pre-digitali

29-09-2023 14:48 - Cronaca
di Franco Pescali
Erano una delle poche cose che sopravvivevano all'era pre-digitale; come cimeli resistevano nelle nostre città e nelle nostre piazze.

Ma anche per loro sarebbe arrivata la fine: stiamo parlando delle cabine telefoniche.

Girando per Empoli noterete che sulle cabine nei mesi scorsi è stato affisso un cartello che annuncia “questa postazione sarà dismessa dal 28 agosto 2023”.

Ridotte a rovine, sconosciute alle giovani generazioni, ci rammentano un'epoca in cui le partite si disputavano solamente la domenica pomeriggio, della schedina deltotocalcio compilata a penna, della musica con i jukebox ascoltata dentro bar impestati di fumo di sigarette o toscanelli.

Di questi gabbiottini rossi e grigi nella nostra città ne resistono 42 e rimarranno solamente, così come ha deciso l'Agcom, in quei luoghi considerati di rilevanza sociale come carceri, ospedali, rifugi, isole minori, o luoghi in cui non ci sono abbastanza ponti radio, necessari per offrire una buona copertura ai telefoni cellulari.

La prima cabina telefonica in Italia venne installata a Milano, il 10 febbraio 1952 e venne posizionata in Piazza San Babila.

L'Italia usciva dal secondo conflitto mondiale e nel campo della telefonia, rispetto agli altri paesi europei, avevamo bassi numeri di abbonati.

La mancanza di chiarezza dei governi liberali di fine Ottocento e degli inizi del Novecento sulla gestione della telefonia se pubblica o privata, la scarsità del mercato e lo scarso interesse da parte della finanza, non permise al nostro paese un decollo in questo settore, almeno dal punto di vista della diffusione degli utenti.

Inoltre, con il fascismo seguì un'attenta “sorveglianza” per tutti quegli strumenti come il telefono e la radio, che potevano essere utilizzati per compiere atti contro il regime.

E così mentre poche famiglie nel dopoguerrapotevano permettersi il lusso del telefono in casa, fiorirono nel nostro paese le cabine telefoniche, inizialmente di colore giallo, per passare poi negli annialle attuali cabine rosse e grigie.

Inizialmente nelle cabine c'erano telefoni a disco, che oggi i nostri giovani non conoscono, sostituite poi con telefoni a tastiera.

C'erano due oggetti che caratterizzavano le cabine: il gettone e gli elenchi telefonici.

I gettoni telefonici erano speciali monete di colore marrone con delle scanalature, che permettevano di telefonare; per le chiamate urbane serviva solo un gettone mentre per le extraurbane ne servivano diversi a seconda dell'orario della telefonata e della distanza.

Nel 1959 un gettone costava 30 lire, nel 1964 si passò a 45 lire per poi nel 1972 passare a 50 lire. L'ultimo prezzo del gettone era di 200 lire prima di essere sostituito con le schede magnetiche prepagate, che faranno la gioia dei collezionisti.

Ai militari in libera uscita, fino alla fine degli anni 70, veniva controllato che avessero con sé, carta igienica, ago e filo, un bottone della giacca, un pettine e soprattutto un gettone telefonico.

La mancanza di uno di questi oggetti voleva dire in caso di controllo alla porta carraia, fare rientro in caserma e non poter andare in libera uscita.

L'altro oggetto, presente dentro le cabine telefoniche erano gli elenchi.

Erano libroni verdi, con belle fotografie di monumenti sulle copertine, divisi per provincie italiane con le relative città, l'elenco conteneva tutti i cognomi e nomi degli abbonati in ordine alfabetico, con titolo di studio, via e numero di telefono.

Scorrendo l'elenco di Roma del 1946 era possibile sapere che il regista Federico Fellini abitava in Via Nicotera al n.26 e il suo numero di telefono era 32834, mentre l'attore Alberto Sordi abitava in Via dei Pettinari al n.40 e il suo numero di telefono era 563206 e che l'Onorevole Giulio Andreotti abitava in Via Salaria al n.422 e che il suo numero di telefono era 881357.

Artisti, giornalisti, professori, politici, bastava sapere in che città abitavano e scorrendo in ordine alfabetico, si poteva trovare la persona cercata, per scrivere una lettera al famoso scrittore o telefonare al regista del cuore per proporsi come attore o chiedere di poter inviare una sceneggiatura di un film.

Le cabine telefoniche sono stati i confessionali della modernità.

All'interno di esse, si sono consumati amori, si sono date notizie di nascite e di morte, si sono fatti scherzi telefonici ai propri professori durante le vacanze scolastiche, oppure, la gara a quante più persone potevano entrare in una cabina tutti insieme, prova di resistenza fisica che veniva immortalata da una macchina fotografica polaroid.

C'era chi faceva telefonate lunghissime, chi usciva dalle cabine piangendo, chi urlando dalla gioia perché aveva saputo dal compagno rimato in città, che era stato promosso e non era stato rimandato a settembre in nessuna materia.

Soprattutto nei luoghi di villeggiatura c'erano spesso la fila, quindi sentimenti, gioie, frasi di amore, andavano sussurrate per non farsi sentire da chi fuori con occhi imploranti ti chiedeva di muoverti.

C'era chi entrava nella cabina con l'amica del cuore, per condividere le frasi che venivano dette al telefono, chi con i bambini per salutare i nonni rimasti in città.

Nel nostro paese, le cabine telefoniche sono stati luoghi anche utilizzati dalla criminalità comune durante i sequestri di persona, per le trattative con le famiglie, così come dai terroristi, per rivendicare attentati o per indicare luoghi dove trovare i farneticanti comunicati.

Il telefono e la cabina telefonica sono stati soggetti di grandi pittori del Novecento, quali Salvatore Dalì, Andy Warhol, Christo, Richard Estes fino a street artist come Keith Haring o Banksy.

Chi ha una certa età, sicuramente avrà qualche ricordo di questi oggetti che per tanti anni sono stati luoghi dellenostre città e che il progresso ha trasformato in non luoghi, oggetti di un tempo che scorreva più lento, dove si telefonava una sola volta al giorno, dove al posto del selfie si inviava una cartolina e dove invece che scrivere TVB (ti voglio bene), si scriveva una lettera.
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