Ballottaggio/ A chi va la responsabilità del momentaneo insuccesso?
11-06-2024 19:03 - Opinioni
di Pietro Spina
Proviamo a dare a ogni cosa il proprio nome. Andare al ballottaggio, dopo una campagna elettorale capillare, entusiasmante, fatta passo dopo passo, cioè con la città girata in ogni suo angolo, con iniziative di spessore capaci di coinvolgere le persone, le associazioni, i cosiddetti steakholder, un programma messo in piedi coinvolgendo quasi cinquecento persone, è una sconfitta. Momentanea, non certo definitiva, ma è una sconfitta. E con questa prospettiva dev'essere analizzata. Intanto da un punto di vista dei numeri: il 49,6 per cento che la coalizione che sostiene Alessio Mantellasi ha ottenuto (e che tradotto in numeri significa 11.472 voti) è la somma di quanto hanno ottenuto i singoli partiti e le singole liste civiche che sono al suo interno.
Il partito democratico ha ottenuto 6.299 voti (28,6%): cinque anni fa i voti erano stati 9637 (quasi 3350 in più). Sappiamo bene che ogni elezione ha una storia a sé. Ma il 50% dei voti in meno che equivale a quasi 1 elettore ogni cento di quelli aventi diritto al voto, che aveva votato Pd la scorsa volta e questa volta non l'ha fatto.
Ma restiamo sui numeri. La lista civica Questa è Empoli ha addirittura sperperato, in questi cinque anni, 2.500 voti, dieci punti percentuali. Si dirà che probabilmente, avendo perso per strada alcuni elementi importanti, Questa è Empoli ha perso la sua spinta propulsiva, per altro ”difesa”, anche bene dai due assessori uscenti, Bellucci e Terreni. E che quello che fu il ruolo di questa lista giovane, entusiasta, nata attorno a Brenda Barnini, è stata egregiamente sostituita da Una storia Empolese, la lista che porta il nome di Alessio Mantellassi. Della vecchia coalizione (quella che sosteneva Brenda Barnini nel secondo mandato) solo Alleanza Verdi-sinistra – che allora si presentava come Verdi+Sinistra Empoli, ha miglirato la propria posizione, passando dal 2,5 per cento al quattro.
Fin qui i numeri usciti dalle urne che, lo abbiamo detto, portano al ballottaggio.
Ma questa situazione che allunga la campagna elettorale di quindici giorni e che dovrà portare Mantellasi (ma ancor più Masi, questo dobbiamo dirlo) ad aprire confronti con gli avversari di ieri che potrebbero diventare amici o alleati domani, ha anche una lettura più politica. Che, per carità, è sempre legata all'aritmetica, ma che ha anche il sapore della beffa da una parte e della vendetta – politica, ovvio – dall'altra.
All'inizio di questo percorso, quando si stavano mettendo le basi ai programmi, ma ancor più alle alleanze, Italia Viva dell'Empolese ha più volte bussato alla porta del Partito democratico per entrare a far parte di quel gruppo che avrebbe sostenuto Alessio Mantellassi. Lo avevano dichiarato pubblicamente, hanno cercato di concretizzarlo nelle stanze della politica. Non conosciamo la realtà oggettiva delle cose, perché da parte del candidato del Pd non c'è mai stata una risposta chiara, univoca sul motivo per il quale Italia Viva è stata lasciata in disparte.
Sappiamo la versione degli esclusi, perché l'hanno resa pubblica, puntando il dito contro Azione che, pregiudizievolmente (almeno crediamo) e non sulla base di ostacoli programmatici, ha ritenuto di non volere i “cugini” rinnegati nel gruppo.
Siamo pronti a essere smentiti, su questo. Ma con parole chiare. Nette. Fatto è che quel 1,47 per cento che ha raccolto la lista di Maria Grazia Maestrelli – seppur da dimostrare che fosse confermato nel caso Italia Viva avesse fatto parte della coalizione di Mantellassi – avrebbe evitato il ballottaggio. Non che il risultato, lo stesso risicato, a quel punto, avrebbe evitato una seria riflessione. Ma questo è un dato di fatto. Aritmetico. Che ci pone una domanda: allora di chi è la paternità di questa – momentanea – battuta d'arresto, verso via Giuseppe del Papa? Del Pd che ha sperperato i voti, di una visione rigida della politica da parte di Azione oppure mette in evidenza una debolezza – sempre politica – di Mantellassi che non ha saputo imporre (più volte, interrogato sulla vicenda, si è reso possibilista, dicendo che c'era un dialogo in coro con il partito di Renzi) il proprio volere ai suoi alleati?
Il partito democratico ha ottenuto 6.299 voti (28,6%): cinque anni fa i voti erano stati 9637 (quasi 3350 in più). Sappiamo bene che ogni elezione ha una storia a sé. Ma il 50% dei voti in meno che equivale a quasi 1 elettore ogni cento di quelli aventi diritto al voto, che aveva votato Pd la scorsa volta e questa volta non l'ha fatto.
Ma restiamo sui numeri. La lista civica Questa è Empoli ha addirittura sperperato, in questi cinque anni, 2.500 voti, dieci punti percentuali. Si dirà che probabilmente, avendo perso per strada alcuni elementi importanti, Questa è Empoli ha perso la sua spinta propulsiva, per altro ”difesa”, anche bene dai due assessori uscenti, Bellucci e Terreni. E che quello che fu il ruolo di questa lista giovane, entusiasta, nata attorno a Brenda Barnini, è stata egregiamente sostituita da Una storia Empolese, la lista che porta il nome di Alessio Mantellassi. Della vecchia coalizione (quella che sosteneva Brenda Barnini nel secondo mandato) solo Alleanza Verdi-sinistra – che allora si presentava come Verdi+Sinistra Empoli, ha miglirato la propria posizione, passando dal 2,5 per cento al quattro.
Fin qui i numeri usciti dalle urne che, lo abbiamo detto, portano al ballottaggio.
Ma questa situazione che allunga la campagna elettorale di quindici giorni e che dovrà portare Mantellasi (ma ancor più Masi, questo dobbiamo dirlo) ad aprire confronti con gli avversari di ieri che potrebbero diventare amici o alleati domani, ha anche una lettura più politica. Che, per carità, è sempre legata all'aritmetica, ma che ha anche il sapore della beffa da una parte e della vendetta – politica, ovvio – dall'altra.
All'inizio di questo percorso, quando si stavano mettendo le basi ai programmi, ma ancor più alle alleanze, Italia Viva dell'Empolese ha più volte bussato alla porta del Partito democratico per entrare a far parte di quel gruppo che avrebbe sostenuto Alessio Mantellassi. Lo avevano dichiarato pubblicamente, hanno cercato di concretizzarlo nelle stanze della politica. Non conosciamo la realtà oggettiva delle cose, perché da parte del candidato del Pd non c'è mai stata una risposta chiara, univoca sul motivo per il quale Italia Viva è stata lasciata in disparte.
Sappiamo la versione degli esclusi, perché l'hanno resa pubblica, puntando il dito contro Azione che, pregiudizievolmente (almeno crediamo) e non sulla base di ostacoli programmatici, ha ritenuto di non volere i “cugini” rinnegati nel gruppo.
Siamo pronti a essere smentiti, su questo. Ma con parole chiare. Nette. Fatto è che quel 1,47 per cento che ha raccolto la lista di Maria Grazia Maestrelli – seppur da dimostrare che fosse confermato nel caso Italia Viva avesse fatto parte della coalizione di Mantellassi – avrebbe evitato il ballottaggio. Non che il risultato, lo stesso risicato, a quel punto, avrebbe evitato una seria riflessione. Ma questo è un dato di fatto. Aritmetico. Che ci pone una domanda: allora di chi è la paternità di questa – momentanea – battuta d'arresto, verso via Giuseppe del Papa? Del Pd che ha sperperato i voti, di una visione rigida della politica da parte di Azione oppure mette in evidenza una debolezza – sempre politica – di Mantellassi che non ha saputo imporre (più volte, interrogato sulla vicenda, si è reso possibilista, dicendo che c'era un dialogo in coro con il partito di Renzi) il proprio volere ai suoi alleati?