Alessandro Scali: "caro sindaco, tu cosa pensi dello stadio? "
07-10-2024 15:02 - Opinioni
In questa fase nella quale è in pieno svolgimento il percorso partecipativo sul nuovo stadio, arriva via social un lungo post sull’argomento. A scriverlo Alessandro Scali, in passato vice-presidente e poi presidente del locale comitato Uisp. Il testo è una lettera aperta che indirizza al sindaco, Alessio Mantellassi.
“Caro Sindaco, ti scrivo così mi distraggo un po' e siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò..."
Così iniziava una meravigliosa canzone di Lucio Dalla, L'anno che verrà. Una canzone che è un inno alla speranza, un inno alla volontà ferrea di credere in un futuro migliore.
È quello in cui mi ostino a credere anche io. Nonostante tutto. Nonostante i miei quasi sessant'anni. Nonostante quello che accade nel mondo. Nonostante le notizie che tutti i giorni apprendiamo dalle TV, da internet o anche, semplicemente, affacciandoci alla finestra.
Un mondo in cui le ingiustizie sociali sono diventate così evidenti da non fare neppure più notizia. Anzi, siamo al paradosso che se uno si lamenta viene subito etichettato come un rompiscatole, uno che ancora non ha capito come gira questo caspita di mondo. Anche a sinistra succede così, sai Sindaco ? Non è mai stato così, ma da diversi anni, ormai, abbiamo preso il puzzo di quegli altri, mi si perdoni il modo di dire di una tradizione contadina che, peraltro, rivendico con forza. Chi disturba il manovratore è un rompiscatole, chi critica è un rosicone, chi non capisce è un povero disadattato. E allora io sono esattamente tutti e tre. Perché non capisco.
E come diceva qualcuno che io stimo tantissimo, se c'è qualcosa che non capisco, vuol dire che quella cosa è sbagliata. Mi riferisco a questa storia dello Stadio, caro Sindaco, che immagino ti stia tanto a cuore. Una storia che coinvolgerà tre generazioni di empolesi. Proprio le tre generazioni che dovrebbero solcare questa valle di lacrime per il periodo che - pare - servirebbe all'Empoli Calcio a recuperare i soldi (forse) spesi per rifare il Castellani. Dopo che questo ha anche cambiato - di fatto - nome, senza che il Comune abbia - almeno palesemente - alzato un sopracciglio. Computer Gross Arena, si chiama adesso, con Stadio C. Castellani che sui cartelli all'esterno è scritto in times new roman 6. Sono i tempi che corrono. E corrono dietro agli sponsor, non alla storia. Ma appunto, sono io quello disallineato con i tempi e me ne farò una ragione.
Ma di tutta questa storia, Sindaco, non mi sorprendono tanto le richieste surreali dell'Empoli Calcio. Surreali, sì, perché anche io vengo dal mondo dello sport, come sai, anche se il mio mondo sta nella parte oscura della luna, quella fredda e buia, lontana dai lustrini e dalle fanfare. Dal mio mondo, quelle richieste non sarebbero neppure mai state pensate, non perché siamo scemi, ma perché abbiamo chiaro il senso della realtà e del pudore. Non mi hanno sorpreso, dicevo, il progetto faraonico che palesemente stona con l'architrave urbanistico della nostra città. Un cazzotto in un occhio. Non mi hanno sorpreso la richiesta del diritto di superficie di 73 anni - 3 generazioni, appunto -, la richiesta di avere in regalo il Sussidiario - vieppiù per farci un albergo (strabilio) - e neanche - udite udite - la richiesta di essere esentati dai tributi per altre tre generazioni. Ognuno agisce per quello che pensa di essere e di fare.
A me ha colpito di più che dal Comune, un Comune amministrato da una Giunta di Centrosinistra, di fronte a questa richiesta surreale, non sia uscito subito un "No grazie. Rivedete un po' di cose e poi ne riparliamo". Prima ancora che la cosa diventasse di dominio pubblico. Caro Sindaco, nessuno qui, a partire da me, chiede che le cose rimangano così come sono. Lo sappiamo. Lo Stadio versa in condizioni che richiedono un intervento anche urgente. Ma, credo, che un'Amministrazione pubblica debba anche saper scegliere e valutare quello che è giusto per la sua comunità, con un occhio al contingente, chiaro, ma un altro rivolto verso l'orizzonte, passando sopra quelle tre generazioni di cittadini e guardando al futuro.
Generazioni di amministratori della nostra città, usciti da quella scuola di vita che era stato il PCI di decenni fa, ci ha consegnato la città che abbiamo oggi, in cui la qualità della vita è tutto sommato ottima, in cui si sta bene. Certo, i problemi non mancano, ma è normale, perché stiamo nel mondo, e noi non siamo mai contenti. Ma a Empoli si sta bene, anche per le scelte fatte 50 anni fa dalle nostre amministrazioni. Ricordiamo, solo come esempio, la scelta fatta negli anni '90 di dar vita al Parco di Serravalle, quando questo quartiere era anche molto diverso da quello di oggi. Guardiamo che polmone di vita è diventato oggi quel parco.
Il coraggio è quella caratteristica che ti fa seguire un'idea, un sogno, un ideale, un principio, facendo anche scelte dure e impopolari. È quella caratteristica che ti tiene lontano dalle sirene o dai mal di pancia del momento, strizzando occhi per un like in più, come si dice oggi. E allora io vorrei sapere, perché non l'ho ancora capito (l'ho già detto che sono io quello sbagliato, vero ?), qual è l'idea del Comune sullo Stadio. Perché, al netto di quello che dirà il fantomatico percorso partecipativo, io non l'ho ancora capito. Quale è la tua idea e quella della tua Giunta ? Ma mi spingerei anche oltre, chiedendo quale sia l'idea dei partiti di maggioranza, perché a Milano il PD ha avuto il coraggio di mettere la faccia contro lo strapotere di Inter e Milan sul destino del Meazza. Senza offesa per l'Empoli Calcio, ma Inter e Milan sono ben altra cosa. Ma io tutto questo non l'ho capito ancora.
Perché parlare di quel progetto senza parlare della visione della nostra città tra cinquant'anni, mi pare un assurdo. Non stiamo parlando di come fare una rotonda, ma di una infrastruttura che diventa centrale nell'urbanistica del quartiere, della città intera e, per rimando, per la qualità della vita dei suoi abitanti. Parafrasando una vecchia pubblicità, uno stadio è per sempre. Perché pensare alla città nel futuro partendo dallo stadio, è un po' come voler ristrutturare casa, andare da un archistar e dirgli di progettare la casa nuova attorno al divano che comprerò a rate.
Non torna, caro Sindaco. Prima voglio aver chiara la mia idea di città, magari confrontandomi con i miei cittadini - quello sì, sarebbe un percorso partecipativo che varrebbe la pena avviare - poi, vorrei capire se lo Stadio deve stare esattamente lì o da un'altra parte e dopo, solo dopo, farne il disegno. Ma può anche darsi che tu quella idea ce l'abbia e che sia io, nuovamente, che faccio fatica a vederla. Me ne farò una ragione ma, temo, di non essere l'unico a non averla vista.
Caro Sindaco,
ti saluto, e ti auguro, oltre a tutto il bene possibile, che tu abbia sempre la lucidità necessaria per guardare il futuro con gli occhi di un giovane innamorato della sua città, della sua storia, della sua vita
“Caro Sindaco, ti scrivo così mi distraggo un po' e siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò..."
Così iniziava una meravigliosa canzone di Lucio Dalla, L'anno che verrà. Una canzone che è un inno alla speranza, un inno alla volontà ferrea di credere in un futuro migliore.
È quello in cui mi ostino a credere anche io. Nonostante tutto. Nonostante i miei quasi sessant'anni. Nonostante quello che accade nel mondo. Nonostante le notizie che tutti i giorni apprendiamo dalle TV, da internet o anche, semplicemente, affacciandoci alla finestra.
Un mondo in cui le ingiustizie sociali sono diventate così evidenti da non fare neppure più notizia. Anzi, siamo al paradosso che se uno si lamenta viene subito etichettato come un rompiscatole, uno che ancora non ha capito come gira questo caspita di mondo. Anche a sinistra succede così, sai Sindaco ? Non è mai stato così, ma da diversi anni, ormai, abbiamo preso il puzzo di quegli altri, mi si perdoni il modo di dire di una tradizione contadina che, peraltro, rivendico con forza. Chi disturba il manovratore è un rompiscatole, chi critica è un rosicone, chi non capisce è un povero disadattato. E allora io sono esattamente tutti e tre. Perché non capisco.
E come diceva qualcuno che io stimo tantissimo, se c'è qualcosa che non capisco, vuol dire che quella cosa è sbagliata. Mi riferisco a questa storia dello Stadio, caro Sindaco, che immagino ti stia tanto a cuore. Una storia che coinvolgerà tre generazioni di empolesi. Proprio le tre generazioni che dovrebbero solcare questa valle di lacrime per il periodo che - pare - servirebbe all'Empoli Calcio a recuperare i soldi (forse) spesi per rifare il Castellani. Dopo che questo ha anche cambiato - di fatto - nome, senza che il Comune abbia - almeno palesemente - alzato un sopracciglio. Computer Gross Arena, si chiama adesso, con Stadio C. Castellani che sui cartelli all'esterno è scritto in times new roman 6. Sono i tempi che corrono. E corrono dietro agli sponsor, non alla storia. Ma appunto, sono io quello disallineato con i tempi e me ne farò una ragione.
Ma di tutta questa storia, Sindaco, non mi sorprendono tanto le richieste surreali dell'Empoli Calcio. Surreali, sì, perché anche io vengo dal mondo dello sport, come sai, anche se il mio mondo sta nella parte oscura della luna, quella fredda e buia, lontana dai lustrini e dalle fanfare. Dal mio mondo, quelle richieste non sarebbero neppure mai state pensate, non perché siamo scemi, ma perché abbiamo chiaro il senso della realtà e del pudore. Non mi hanno sorpreso, dicevo, il progetto faraonico che palesemente stona con l'architrave urbanistico della nostra città. Un cazzotto in un occhio. Non mi hanno sorpreso la richiesta del diritto di superficie di 73 anni - 3 generazioni, appunto -, la richiesta di avere in regalo il Sussidiario - vieppiù per farci un albergo (strabilio) - e neanche - udite udite - la richiesta di essere esentati dai tributi per altre tre generazioni. Ognuno agisce per quello che pensa di essere e di fare.
A me ha colpito di più che dal Comune, un Comune amministrato da una Giunta di Centrosinistra, di fronte a questa richiesta surreale, non sia uscito subito un "No grazie. Rivedete un po' di cose e poi ne riparliamo". Prima ancora che la cosa diventasse di dominio pubblico. Caro Sindaco, nessuno qui, a partire da me, chiede che le cose rimangano così come sono. Lo sappiamo. Lo Stadio versa in condizioni che richiedono un intervento anche urgente. Ma, credo, che un'Amministrazione pubblica debba anche saper scegliere e valutare quello che è giusto per la sua comunità, con un occhio al contingente, chiaro, ma un altro rivolto verso l'orizzonte, passando sopra quelle tre generazioni di cittadini e guardando al futuro.
Generazioni di amministratori della nostra città, usciti da quella scuola di vita che era stato il PCI di decenni fa, ci ha consegnato la città che abbiamo oggi, in cui la qualità della vita è tutto sommato ottima, in cui si sta bene. Certo, i problemi non mancano, ma è normale, perché stiamo nel mondo, e noi non siamo mai contenti. Ma a Empoli si sta bene, anche per le scelte fatte 50 anni fa dalle nostre amministrazioni. Ricordiamo, solo come esempio, la scelta fatta negli anni '90 di dar vita al Parco di Serravalle, quando questo quartiere era anche molto diverso da quello di oggi. Guardiamo che polmone di vita è diventato oggi quel parco.
Il coraggio è quella caratteristica che ti fa seguire un'idea, un sogno, un ideale, un principio, facendo anche scelte dure e impopolari. È quella caratteristica che ti tiene lontano dalle sirene o dai mal di pancia del momento, strizzando occhi per un like in più, come si dice oggi. E allora io vorrei sapere, perché non l'ho ancora capito (l'ho già detto che sono io quello sbagliato, vero ?), qual è l'idea del Comune sullo Stadio. Perché, al netto di quello che dirà il fantomatico percorso partecipativo, io non l'ho ancora capito. Quale è la tua idea e quella della tua Giunta ? Ma mi spingerei anche oltre, chiedendo quale sia l'idea dei partiti di maggioranza, perché a Milano il PD ha avuto il coraggio di mettere la faccia contro lo strapotere di Inter e Milan sul destino del Meazza. Senza offesa per l'Empoli Calcio, ma Inter e Milan sono ben altra cosa. Ma io tutto questo non l'ho capito ancora.
Perché parlare di quel progetto senza parlare della visione della nostra città tra cinquant'anni, mi pare un assurdo. Non stiamo parlando di come fare una rotonda, ma di una infrastruttura che diventa centrale nell'urbanistica del quartiere, della città intera e, per rimando, per la qualità della vita dei suoi abitanti. Parafrasando una vecchia pubblicità, uno stadio è per sempre. Perché pensare alla città nel futuro partendo dallo stadio, è un po' come voler ristrutturare casa, andare da un archistar e dirgli di progettare la casa nuova attorno al divano che comprerò a rate.
Non torna, caro Sindaco. Prima voglio aver chiara la mia idea di città, magari confrontandomi con i miei cittadini - quello sì, sarebbe un percorso partecipativo che varrebbe la pena avviare - poi, vorrei capire se lo Stadio deve stare esattamente lì o da un'altra parte e dopo, solo dopo, farne il disegno. Ma può anche darsi che tu quella idea ce l'abbia e che sia io, nuovamente, che faccio fatica a vederla. Me ne farò una ragione ma, temo, di non essere l'unico a non averla vista.
Caro Sindaco,
ti saluto, e ti auguro, oltre a tutto il bene possibile, che tu abbia sempre la lucidità necessaria per guardare il futuro con gli occhi di un giovane innamorato della sua città, della sua storia, della sua vita
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Alessandro Scali
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